La diffusione del Coronavirus obbliga le aziende ad avere maggiore cura verso i dipendenti considerati fragili. Ma qual è la definizione di lavoratore fragile? Quali sono i diritti del dipendete? Quali gli obblighi in carico all’azienda? In cosa consiste la sorveglianza sanitaria attiva?
Il mese di aprile sono stati pubblicati i protocolli che avrebbero dovuto fornire una guida per la riapertura dei luoghi di lavoro. Ne abbiamo parlato ampiamente anche qui sul blog di Know How, con articoli che hanno collezionato anche un discreto numero di viste, a testimonianza della bontà delle informazioni.
Già in quell’occasione, la normativa di governo aveva sottolineato l’importanza di dare maggiore attenzione alla fasce di lavoratori considerati fragili, pur senza spiegare in maniera esaustiva il concetto di “fragilità”.
Una recente circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (la numero 13 del 4 settembre 2020), è tornata su quell’argomento per fare i dovuti chiarimenti.
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Perché la pandemia di Covid-19 è un problema del tutto nuovo e costantemente in evoluzione. I dati clinici disponibili oggi, rispetto a quelli disponibili fino al mese di aprile, hanno reso necessario un chiarimento per evitare di portare avanti un concetto di fragilità esclusivamente correlato all’età anagrafica del lavoratore, così come era stato fino ad oggi. Cosa che, attualmente, rappresenterebbe un errore grossolano.
L’analisi dei dati aggiornati ci dice innanzitutto che in ambito lavorativo non si registrano differenze significative in quanto a diffusione del virus per fasce d’età differenti, ed è per questo motivo che è necessario riformulare il concetto di fragilità.
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Questa è una domanda che ogni buon imprenditore dovrebbe porsi. Il Ministero del lavoro sottolinea 4 argomenti ricavati dalle informazioni cliniche più recenti:
Alla luce di quanto espresso nei due quesiti precedenti, si evince che il concetto di fragilità va considerato innanzitutto alla luce della presenza di una o più patologie che possono comportare, in caso di infezione, un decorso più grave o mortale della malattia. Ciò vuol dire che il dato dell’età, preso da solo, non costituisce un motivo sufficiente per considerare un dipendente come appartenente al gruppo dei “lavoratori fragili”.
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I lavoratori che appartengono alla fascia dei lavoratori fragili va riconosciuta la possibilità di richiedere al datore di lavoro specifiche misure di sorveglianza sanitaria attiva, anche in presenza di malattie di scarso compenso clinico, tipo malattie cardiovascolari, respiratorie e metaboliche.
Tutto il necessario che consenta di verificare la presenza di una patologia diagnosticata.
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Vuol dire che il datore di lavoro è tenuto alla nomina di un medico di riferimento. Qualora il datore non sia tenuto, in base all’articolo 18 del Decreto Legge N. 81 del 2008, dovrà comunque garantire la sorveglianza attiva e la tutela dei propri dipendenti fragili inviandoli a visita presso l’INAIL, le ASL oppure i dipartimenti di medicina legale e di medicina del lavoro delle Università.
Certo. Sarà il medico a formulare un giudizio medico-legale per stabilire se il lavoratore appartiene alla fascia dei fragili. Ovviamente il lavoratore dovrà consegnare tutta la documentazione necessaria alla formulazione del giudizio, anche spiegando le modalità con cui si svolge il proprio lavoro.
Il medico potrà decidere due soluzioni:
Resta fermo l’obbligo di ripetere periodicamente la visita, in base all’andamento epidemiologico, per consentire al medico di riferimento di corregge il proprio giudizio.
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