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L'esdebitazione: fare impresa dopo un fallimento

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In seguito alla chiusura di un fallimento, in presenza dei presupposti previsti dalla Legge Fallimentare, la persona fisica può esercitare nuovamente attività di impresa, senza il pericolo di azioni giudiziarie di quei creditori non ancora soddisfatti dalla procedura fallimentare.



In seguito alla chiusura di un fallimento, la persona fisica può avere interesse a esercitare una nuova attività imprenditoriale senza correre il pericolo che i creditori non soddisfatti nella procedura fallimentare promuovano azioni giudiziarie per recuperare quanto a loro ancora dovuto.

Per evitare questo, il legislatore ha introdotto l'istituto dell'esdebitazione, la cui concessione da parte del tribunale è condizionata alla chiusura del fallimento. Essa si applica a tutti i fallimenti aperti dopo il 6 luglio 2006 (artt. 142-144 L.F.). L'esdebitazione può essere chiesta dal fallito persona fisica nonchè da soci illimitatamente responsabili dichiarati falliti in estensione rispetto al fallimento della società.

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Quando è possibile chiedere l'esdebitazione?

Il fallito può chiedere l'esdebitazione quando ricorrono due presupposti:

  1. in primo luogo è presupposto imprescindibile che il fallimento si sia chiuso per ripartizione dell'attivo attuata con un piano di riparto (ai sensi dell'art. 119 L.F.) o mediante concordato fallimentare (ai sensi dell'art. 130 L.F.);
  2. in secondo luogo i creditori concorsuali devono essere stati soddisfatti, almeno in parte.

Il fallito può avanzare la richiesta di esdebitazione alternativamente:

  • con l'istanza con cui egli stesso o il curatore chiede la chiusura del fallimento;
  • dopo che il tribunale ha emesso il decreto di chiusura del fallimento.

Il termine massimo per proporre l'istanza è di un anno dall'emissione del decreto di chiusura del fallimento.

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Per quali debiti si può chiedere l'esdebitazione e quali sono le condizioni?

Possono formare oggetto di esdebitazione i debiti residui del fallito nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti. Rientrano dunque i debiti:

  1. residui relativi ai creditori ammessi allo stato passivo ma non soddisfatti integralmente;
  2. relativi ai creditori concorsuali non concorrenti, anche se tra questi ci sono debiti tributari;
  3. previdenziali in quanto strettamente collegati all'esercizio dell'impresa.

Per ottenere l'esdebitazione devono ricorrere congiuntamente delle condizioni comportamentali del fallito legati appunto alla condotta tenuta da quest'ultimo prima e durante la procedura fallimentare.
Anzitutto il fallito non deve essere stato condannato con sentenza passata in giudicato per uno o più dei seguenti reati:

  1. bancarotta fraudolenta;
  2. delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio;

Se è in corso il procedimento penale per uno di tali reati, il tribunale sospende il procedimento di esdebitazione fino all'esito di quello penale.

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Quali sono gli effetti dell'esdebitazione?

Il tribunale si pronuncia sull'esdebitazione con un decreto i cui effetti possono prodursi solo dal momento in cui esso passa in giudicato. Il decreto, che non è revocabile né modificabile, ha natura di sentenza.
Contro il decreto che concede o nega l'esdebitazione possono proporre reclamo:

  1. il fallito;
  2. i creditori non integralmente soddisfatti;
  3. il PM;
  4. qualunque altro interessato.

Da quando il decreto che concede l'esdebitazione diventa definitivo in quanto non è più possibile impugnarlo o sono esauriti i mezzi di impugnazione contro di esso, i crediti residui concorrenti che non sono stati soddisfatti integralmente sono dichiarati inesigibili (art. 143 c. 1, L.F.).

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