Come evolve lo scenario degli e-commerce in Italia? La pandemia ha modificato le dinamiche e il contesto per la nascita e lo sviluppo di nuovi canali di vendita per le PMI, così come per le realtà sovranazionali. Uno studio dell’Istituto Tedesco ITQF ha cercato di fissare una fotografia.
Il panorama degli E-Commerce è probabilmente uno di quelli che più di altri ha subito importanti modifiche a seguito degli effetti della pandemia. Diciamo che in generale, tutto il digitale ha ricevuto una importante spinta, come innovazione di processi e come numero di nuove imprese che hanno avviato attività commerciali online oltre che offline. Se andiamo a guardare i dati in una prospettiva storica, è facile rendersi conto – e forse anche scontato – che nl corso degli ultimi anni, diciamo circa un decennio, il commercio online è cresciuto in maniera esponenziale, sia all’estero che in Italia. Tuttavia, a questa crescita degli acquisti non corrisponde una crescita anche nel numero di imprese italiane che si sono dotate di un e-commerce. Tant’è che a guardare i numeri ci si rende conto che la percentuale è veramente molto bassa: nell’ordine di meno del 1% (le imprese italiane sono oltre sei milioni). Questo testimonia che nei prossimi anni, complice anche la situazione sociale molto particolare, i tassi di crescita continueranno a essere particolarmente elevati, e già i primi studi confermano un trend che era largamente preventivabile, visto il cambiamento che ha sta investendo ognuno di noi da oltre un anno a questa parte.
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Questo è lo scenario futuro ma resta ancora da spiegare il motivo per cui, nonostante il numero dei clienti disposti all'acquisto online sia cresciuto giorno dopo giorno, e nonostante la mutata realtà sociale spinga ulteriormente verso l’alto la domanda di acquisti sulle piattaforme digitali, come si spiegano – dicevamo - le basse percentuali di e-commerce tra le imprese italiane?
Le risposte a questa domanda possono essere molteplici (la paura di sostenere l’investimento, il pensiero – sbagliato – che il proprio prodotto o servizio non si presti alla vendita online, oppure la difficoltà di gestire i pagamenti e le spedizioni) ma di certo possono essere riassunti tutti in un solo concetto: gestire un e-commerce richiede competenze specifiche, personale dedicato e una buona comprensione delle dinamiche che regolano un canale di vendita assai diverso da quello tradizionale. Non è un'attività che si può improvvisare ma richiede pianificazione e investimenti a lungo termine. Aprire un e-commerce non è come aprire un negozio in strada: con un po’ di buona fortuna, in questo caso è possibile veder entrare il primo cliente appena terminata la prima mandata di chiavi. Nel caso dell’online le cose funzionano in maniera molto diversa, e a parte i clienti affezionati, farsi trovare richiede impegno, sacrificio e investimenti.
È molto interessante, per capire come si stanno muovendo le dinamiche della vendita online, prendere in considerazione una recente indagine condotta dall’Istituto Tedesco ITQF in collaborazione con un importante media partner quale è La Repubblica Affari & Finanza. Lo studio, che è giunto alla terza edizione e presenta un nome inequivocabile: “i 740 migliori e-commerce d’Italia 2021 – 2022”, è un'indagine sulla situazione nazionale in merito alla qualità dell’offerta digitale italiana in termini di servizi ed esperienza di acquisto, che ci aiuta a capire quindi non solo i numeri nudi e credi ma anche la qualità dell’attuale offerta italiana.
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Lo studio è stato condotto sull'intero campione di e-commerce nazionale, eliminando tuttavia quelli che totalizzavano meno di 10.000 visite mensili, oppure con sede legale non in Italia. Da questa prima scrematura sono stati estrapolati 8.000 e-commerce.
Il campione totale di 8.000 selezionati, successivamente, è stato suddiviso in base a 11 macro categorie, le seguenti:
E all’interno di ogni categoria si è proceduto a una ulteriore suddivisione in settori merceologici, complessivamente pari a 63.
Ma come sono stati somministrati i questionari? La metodologia d’indagine adottata da ITFQ e la Repubblica è quella più ovvia ed efficace: il sondaggio somministrato ai più diretti interessati, i clienti. In verità, oltre ai clienti, per valutarne il grado di soddisfazione, il questionario è stato sottoposto anche a un gruppo di esperti, per avere un risultato molto più bilanciato e coerente. Ecco perchè il sondaggio rappresenta la parte più incredibile di questo studio, per via della quantità d'informazioni indagate e per il numero di partecipanti coinvolti. Si tratta di un aspetto di grande rilevanza in quanto restituisce all’indagine una buona affidabilità in merito a quelle che in tutta onestà possiamo definire le eccellenze dell’e-commerce italiano.
Dal questionario sono emersi oltre 700 mila giudizi (731.787 per la precisione) elaborati su ben 36 diversi criteri, tra cui il design grafico della piattaforma, le funzionalità del sito, la presentazione dei prodotti, il servizio offerto nelle sue generalità, i termini e le condizioni di acquisto, i tempi di consegna, le politiche di rimborso e il customer care. Insomma tutto ciò che dovrebbe essere utile per premiare un e-commerce rispetto a un altro
Dall’insieme di questi dati, raccolti online con il metodo Cawi dall’Istituto di Ricerca ServiceValue di Colonia, è stato possibile stilare classifiche per ciascuno dei 63 settori merceologici e per ciascuna macrocategoria, a cui si è aggiunta un ulteriore classifica dei migliori 20 e-commerce in assoluto (ovviamente nomi del calibro di Amazon, Media World, Adidas e altri giganti di simile portata).
Per arrivare alle classifiche finali è stato assegnato un punteggio per ogni criterio analizzato. Il campione dei sondaggisti è stato gestito in maniera da coprire tutte le fasce di area geografica, età e di sesso. Per tutti questi motivi possiamo dire che si tratta di uno dei sondaggi più completi che sia stato condotto in Italia negli ultimi anni. Oltretutto da parte di un istituto, è bene ricordarlo, che si occupa di monitorare costantemente lo stato di salute dell’e-commerce italiano.
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Quali risultati per l’Italia? - Dall’indagine è emersa una situazione largamente positiva per il nostro paese. I migliori venti punteggi sono entrati nella classifica dei top 20 ed è motivo di orgoglio verificare che ci sono certamente grandi multinazionali straniere con sede in Italia ma anche tante aziende integralmente nostrane, a dimostrazione di una capacità di saper competere anche sul piano prettamente tecnologico. L’Italia, in generale, esce dal sondaggio con una bella carica di positività. I numeri sono tutti in crescita e ci raccontano una qualità costantemente in crescita, al netto di un aumento del numero di utenti, un aumento del fatturato e una costante ricerca di qualità da offrire ai propri clienti. Basta pensare che in oltre il 30% dei 63 settori, il punteggio medio ottenuto dalle aziende è cresciuto rispetto all'edizione precedente. Soltanto in due settori vi è stata una flessione mentre negli altri il punteggio è rimasto invariato. Rispetto a un massimo di 100 punti, la media totalizzata da tutti gli e-commerce analizzati è passata dai 71,95 punti della scorsa edizione ai 73,78 dell'edizione 2021.
In definitiva, lo studio dell'Istituto Tedesco, in partnership con La Repubblica, ci infonde tanto sano ottimismo, nonostante i numeri assoluti di attività di vendita online, come accennato all'inizio, non sia particolarmente considerevoli se paragonati ad altre nazione sia europee che extra UE. I clienti possono sentirsi confortati dal sapere che la qualità non ha nulla da invidiare alle piattaforme di altri paesi, mentre le imprese, dopo essersi crogiolate sui risultati positivi ottenuti, hanno il compito di raccogliere la sfida per la prossima edizione, al fine di riuscire a mantenere almeno la posizione raggiunta nel 2021, per poi provare a migliorarsi scalando la classifica dell'apprezzamento di utenti ed esperti. Non resta che aspettare la prossima edizione per vedere cosa accadrà.
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Laureato in Discipline di Arti, Musica e Spettacolo all'Università di Bologna, ho fuso la mia formazione umanistica, con una crescita professionale orientata verso il digitale. Le competenze acquisiste con studio ed esperienza, mi hanno dato l'opportunità di lavorare in diversi ambiti che a vario titolo hanno a che fare con il digital marketing: ormai nei ritagli di tempo ma mi occupo ancora di programmazione; ho vissuto da protagonista la comunicazione, tanto nella trincea dell'ufficio stampa quanto nell'advertising più commerciale. Mi piace essere in prima linea nella parte più operativa delle campagne digitali, ed ho avuto incarichi da formatore a beneficio di piccole e grandi aziende. Tutto questo mi ha restituito una visione molto ampia di ciò che concerne questo rivoluzionario mondo che è la rete. Oggi sono COO per Know How, ho contribuito a svilupparne l'idea, e posso dire senza dubbio che si tratta della mia esperienza professionale più bella, ma anche la più complessa. Del resto si dice che dove non c'è fatica non sia reale godimento