Quali sono i limiti della responsabilità di un medico? In che misura è è responsabile di fronte ad un male incurabile il cui esito si sarebbe potuto almeno ritadare se non vi fossero state delle palesi negligenze? 5 sentenze della Cassazione aiutano a fare chiarezza su un tema molto delicato.
I casi di malasanità in Italia sono tanti e se ne registrano ogni giorno. Spesso sono dovuti a delle carenze strutturali, come può accadere per delle infezioni batteriche in sale operatorie non tenute a norma oppure per questioni di sovraffollamento delle strutture sanitarie, di cui il pronto soccorso è solo un esempio su tutti. In altri casi si parla di malasanità anche quando i danni provocati al malato dipendo dalla negligenza del medico curante.
Nell'ultimo, è fondamentale riuscire a individuare le cause del danno, non solo per tutelare i diritti del malato o della sua famiglia qualora la negligenza comporti la morte del paziente, ma anche per assicurare il diritto del medico ad essere giudicato per il suo operato di professionista sanitario.
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Quali sono i casi in cui la responsabilità del medico è totale rispetto ai danni subiti dal paziente? Esistono criteri oggettivi che aiutano a stabilire il confine tra la responsabilità del medico e il decorso naturale di una malattia? Quando il medico diventa effettivamente responsabile delle proprie azioni? 5 diversi sentenze, più o meno recentissime, aiutano a fornire un'idea di quale potrebbe essere la risposta per ciascuna di queste ed altre domande. Emesse tra il 2018 e il mese di Giugno 2019, le sentenze della cassazione si sforzano di individuare dei criteri quanto più oggettivi possibile per stabilire l'eventuale nesso di casualità tra operato del medico e danno del paziente. Vediamo cosa dice la cassazione, organizzando le 5 sentenze in ordine di tempo.
Con la sentenza 8770 della Corte Suprema di Cassazione a sezioni unite, si sono impostate alcune linee guida che hanno posto le basi sui successivi ragionamenti, che trovano espressione anche nelle successive sentenze riportate in questo articolo. Nella 8770 si è evidenziato che la responsabilità è del medico, il quale risponde di omicidio o lesioni colpose, anche per colpe lievi che si siano verificate a causa di negligenza o imprudenza. Oppure a causa di imperizia se mancano le buone raccomandazioni oppure le buone pratiche o anche se per imperizia non è stato in grado di individuarle. La responsabilità è sua anche se, seguendo buone pratiche o raccomandazioni, non si è sforzato di valutare i rischi e le difficoltà del caso specifico.
La sentenza 11674 pone l'accento sull'analisi del caso specifico, rimarcando come la responsabilità va accertata non solo in base ad un coefficiente di probabilità statistica come in passato ma anche in base ad un giudizio di tipo logico che tenga conto, da un lato, del parere scientifico, e dall'altro del ruolo salvifico della condotta omessa. Detto in altri termini, andando a fare un esempio qualunque, benché la statistica possa sottolineare un'alta probabilità di decesso rispetto ad una certa patologia, quanto ha inciso un'eventuale omissione da parte del medico sull'esito nefasto? Questa è la domanda, semplificando, a cui la giustizia dovrebbe riuscire a rispondere.
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A rafforzare quanto emerso dalla sentenza della Cassazione di Marzo 2019, vi è anche la numero 23252 del 28 Maggio. In questo caso si stabilisce che perfino in caso di morte inevitabile, ad esempio in caso di malattia tumorale particolarmente aggressiva, il medico che non abbia provveduto ad eseguire tutti i controlli necessari, ed omette di fare luce piena sulle condizioni del malato, è penalmente responsabile qualora il ricorso a cure alternative avrebbe potuto prolungarne la vita anche di fronte a morte inevitabile. Una sentenza, quest'ultima, di enorme rilevanza.
Per accertare l'effettiva responsabilità del medico, le indagini devono tendere ad un'analisi dettagliata di tutti gli eventi che hanno caratterizzato ed inciso sull'esito finale. Ciò vuol dire che ogni caso va ricostruito in maniera dettagliata, facendo luce su tutte le fasi della vicenda, evidenziano allo stesso tempo l'inizio della malattia e la sua evoluzione, per poter accertare se l'evento nefasto si sarebbe potuto evitare o ritardare qualora si fossero prese tutte le necessarie precauzioni. Anche in questo caso la sentenza della Cassazione mette l'accento di approfondire le dinamiche specifiche di ogni singolo caso piuttosto che fare riferimento ai soli dati statistici o alle evidenze offerte dalla scienza.
Quasi a completamento della sentenza 24922 del 5 Giugno, il 17 dello stesso mese, la sentenza numero 26568, ha chiarito in che maniera è necessario fare riferimento alle leggi scientifiche per poter appurare l'eventuale responsabilità di un medico. Infatti, la sentenza sottolinea come sia necessario che il giudice, nell'atto di eppure il nesso di causalità tra azioni del medico ed esito infausto o lesivo, può utilizzare l'evidenza delle leggi scientifiche, a patto che queste abbiano i seguenti 4 requisiti:
Tuttavia, continua la sentenza della cassazione, siccome le leggi scientifiche sono mutevoli, il giudice può fare riferimento eventualmente a leggi non riconosciute scientificamente anche se queste sono generalmente accolte o condivise.
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