Trasferire denaro all'estero: white list, black list, vantaggi e obblighi per il risparmiatore. Aprire un conto corrente in un paese straniero non è mai un'attività illecita; esiste l'obbligo, pena pesanti sanzioni, di dichiarare le somme esportate nella dichiarazione dei redditi.
Aprire un conto corrente in un paese straniero fa automaticamente sorgere a molti la convinzione che sia un modo per evadere o eludere gli obblighi fiscali: si pensa subito ai conti esteri "segreti" o "criptati", in cui vengono versate copiose quantità di denaro di dubbia provenienza, tramite trasporto di contanti contenuti in valigette o attraverso molteplici trasferimenti bancari.
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Trasferire delle somme di denaro all'estero, evitando la lente d'ingrandimento del fisco, è un'impresa assai ardua al giorno d'oggi perchè quasi tutte le nazioni del mondo sono firmatarie del CRS (Common Reporting Standard), lo standard di scambio automatico di informazioni tra autorità fiscali promosso dal G20 e dall'Ocse recepito dall'UE tramite Direttiva 2014/107/UE e dall'Italia con la Legge 95/2015 del 18 Giugno 2015; ciò vuol dire che la banca del paese in cui viene aperto il conto corrente è obbligata a darne comunicazione alla propria autorità fiscale di riferimento, la quale provvede, a sua volta, a trasmettere le informazioni (dati identificativi, giacenza del conto, ecc.) all'autorità fiscale di appartenenza del correntista.
Il conto estero, quindi, non va demonizzato; va invece privilegiato qualora l'investitore o il risparmiatore voglia avere delle provviste di denaro da sottrarre al sistema bancario italiano che, a volte, si è rivelato poco affidabile e che ha provocato la perdita parziale o totale del patrimonio. Aprire un conto corrente all'estero può essere un modo per scegliere degli istituti di credito più solidi, più performanti, più tecnologici, più moderni e meno costosi dove allocare una parte dei propri risparmi da poter utilizzare in qualunque momento; analogamente a quello che si potrebbe fare in Italia, aprendo un conto all'estero si viene forniti di bancomat, di carta di credito o di debito a seconda della giacenza e si ha la possibilità di operare online con l'internet banking.
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In ogni caso, sia che si apra un conto corrente in una giurisdizione white list, sia che lo si apra in una giurisdizione black list, vige l'obbligo della dichiarazione nel quadro RW della dichiarazione dei redditi dell'esistenza di questi conti correnti le cui movimentazioni abbiano superato nell'anno di imposta la somma di 15.000€.
La differenza fondamentale è nelle sanzioni: in caso di mancata comunicazione nel quadro RW della dichiarazione dei redditi dell'esistenza di un conto corrente in una giurisdizione white list, viene comminata una sanzione tra il 3% e il 15% calcolata sulla somma non dichiarata; in caso di giurisdizione black list la sanzione prevista oscilla tra il 6% e il 30%.
Quindi, per concludere, l'esistenza e la possibilità di aprire dei conti correnti all'estero è un comportamento, di per sè, assolutamente lecito, consentito da qualunque tipo di normativa, sia nazionale che internazionale. Vige l'obbligo però, onde non incorrere in situazioni penalmente rilevanti, di dichiarare la presenza di questi conti e, ovviamente, di versarci delle somme di denaro di lecita provenienza o che abbiano scontato le dovute imposte in Italia.
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