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Tassazione delle criptovalute: quando avviene e come farlo?

Tassazione delle criptovalute: quando avviene e come farlo?

Torniamo sull’argomento fisco e criptovalute, su cui stiamo cercando di fare informazione visto il crescente numero di richieste che ci arrivano dagli utenti. Oggi ci soffermiamo sulla recente risposta che l’Agenzia dell’Entrate ha fornito all’interpello 788 del 2021.



Il tema delle criptovalute e della loro gestione da un punto di vista fiscale è particolarmente sentito dagli utenti, i quali non vorrebbero trovarsi a dover sostenere multe in caso di controlli futuri. I dubbi sono legittimi, dal momento che la legge è piuttosto vaga, e di certo queste risposte da parte dell’AdE sono documenti preziosi per aiutare a orientarsi in un settore ancora molto complicato.

L’holding di criptovalute genera profitto fiscalmente rilevante?

Nello specifico dell’interpello 788 la domanda nasce dal fatto che il possessore di criptovalute vuole sapere come gestire fiscalmente il possesso di monete virtuali quali bitcoin, ethereum e similari. Volendo entrare nel dettaglio, l’utente specifica che le proprie criptovalute sono possedute in parte presso exchange estero, come potrebbe essere Coinbase, Binance o Crypto.com, e altre sono detenute in un hardware wallet con chiave privata.

Il punto fondamentale della domande, tuttavia, non è quanto appena descritto ma il fatto che tali criptovalute sono mantenute secondo una strategia di detenzione holding, ovvero il richiedente non intende generare un profitto per se stesso attraverso un’attività di trading ma piuttosto attendere una rivalutazione nel tempo. Dal momento che tali monete sono detenute da un tempo già superiore ai 5 anni, il richiedente vuole sapere se tale strategia di holding generi un profitto fiscalmente rilevante in sede di dichiarazione dei redditi.

Sostanzialmente il richiedente ritiene che la semplice detenzione di criptovalute, benché finalizzate a una strategia di holding, non generi profitto tassabile e che semmai la tassazione sarebbe da applicare sulle plusvalenze in caso di vendita della critpovalute, o meglio di conversione in valuta FIAT delle stesse.

Inutile dire che ancora una volta la risposta dell’AdE, la quale sottolinea la mancanza di una normativa statale di riferimento, non fa altro che richiamare la sentenza della Corte di Giustizia Europea del 2015, di cui pure abbiamo scritto all’interno del blog.

Secondo tale sentenza, le criptovalute sono equiparate a delle valute estere tradizionali, sempre se il possesso avviene al di fuori dell’attività di impresa. Detto in altri termini, i Bitcoin o qualsiasi altra criptovaluta, si possono equiparare alle altre monete tradizionali solo se il possesso, l’acquisto e la vendita avviene da parte di privati.

Si tratta di un passaggio molto interessante, visto che in base all’articolo 67 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) ad essere tassabili, sono soltanto le plusvalenze che si determinato dalla cessione a titolo oneroso di valute estere.

Ma non finisce qui. Il medesimo articolo specifica anche che tali plusvalenze tassabili, lo sono soltanto nel momento in cui viene superata per almeno 7 giorni lavorativi continui la soglia di legge di euro 51.645,90, corrispondenti ai vecchi 100 milioni di lire, di quando fu varato il TUIR.

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Calcolare la giacenza media

Tutto chiaro fino a questo punto, ma resta un aspetto importante: come calcolare la giacenza media, tale da consentirci di conoscere il superamento eventuale della soglia di 51.645,90 euro per 7 giorni durante l’anno? L’operazione, infatti, non è delle più semplici vista l’estrema volatilità delle criptovalute. L’AdE chiarisce allora che il calcolo della giacenza media va fatto in base al cambio di imposta al 1° gennaio del medesimo anno di riferimento, e valutato in base ai valori presentati sul Wallet dove si è acquistata la moneta.

È bene ricordare che la giacenza media dev’essere calcolata per tutti i wallet posseduti.

La tassazione è fissata al 26% da calcolare sulla plusvalenza.

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