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IVA intracomunitaria: come funziona per chi vende e chi acquista

IVA intracomunitaria: come funziona per chi vende e chi acquista

Avere rapporti commerciali con l'estero oggi è diventato ancora più semplice, in particolare se gli scambi avvengono all'interno dell'Unione Europea. Tuttavia, le informazioni non sono sempre così chiare come ci aspetteremmo. Parliamo di Iva Intracomunitaria e Reverse Charge.



Gli scambi commerciali che avvengono all’interno dei Paesi Membri dell’Unione Europea sono soggetti alla peculiare disciplina dell’IVA intracomunitaria, definita da numerose direttive e, per l’Italia, dalla legge 427/1993. Nel complesso, la normativa prevede che le cessioni e gli acquisti di beni e servizi all’interno dello spazio comune europeo non soggiacciono alle comuni regole previste per importazioni ed esportazioni, ma ad un meccanismo peculiare, il così detto "reverse charge". Vediamo nel dettaglio il funzionamento e le implicazioni per chi vende e chi acquista.

Cos’è l’IVA intracomunitaria?

Come detto, per le operazioni di vendita e acquisto di merci e servizi che avvengono all’interno dello spazio economico europeo trova applicazione il meccanismo di applicazione dell’IVA noto come "reverse charge" (letteralmente, inversione contabile). La caratteristica peculiare di questo procedimento prevede che l’imposta non venga addebitata in fattura al cliente secondo l’aliquota dello stato di provenienza.

 È importante precisare, però, che il meccanismo in questione (di cui ti illustreremo i dettagli a breve) trova applicazione soltanto in presenza di specifici requisiti che vanno ad individuare le operazioni intracomunitarie relative agli acquisti di merci e, con le peculiarità che vedremo più avanti, di servizi.

Quando si applica l’IVA intracomunitaria?

Infatti, perché si possa parlare di IVA intracomunitaria (e di operazioni che ne giustificano l’applicazione) è necessario, innanzitutto, che la transazione avvenga da parte di due operatori soggetti all’applicazione dell’IVA, ad esempio due professionisti o due imprese avente differente sede e/o residenza nell’UE.

Si richiede, inoltre, che l’operazione in questione comporti il passaggio di proprietà di un bene o l’esecuzione di un servizio da parte del cedente/fornitore al cessionario/utilizzatore, con un trasferimento a titolo oneroso e la movimentazione territoriale in almeno due differenti Stati Membri. Per fare un esempio, un’azienda italiana dovrà acquistare da un’azienda tedesca un macchinario per la produzione, oppure concludere un contratto di consulenza con una società francese, e così via.

Dimostrare la correttezza dell’operazione

Naturalmente, per poter operare l’IVA intracomunitaria è necessario che il soggetto tenuto alla dichiarazione fornisca prova del rispetto di questi requisiti e, in particolare, di quello territoriale: a tal fine, un documento idoneo è il CMR, controfirmato dal cliente finale, essendo che la prova dell’uscita del bene dal territorio nazionale (e il conseguente differente regime IVA) deve essere provato dal cedente, pena l’inopponibilità dell’operazione e la conseguente imposizione dell’eventuale indebito risparmio fiscale.

Infatti, se mancano i presupposti evidenziati (o la prova della presenza degli stessi), vengono a mancare le condizioni per la non imponibilità prevista dalla legge, con conseguente modifica dell’aliquota IVA nazionale.

Gli altri requisiti

Quali ulteriori requisiti, si richiede che le imprese operanti nel campo delle operazioni intracomunitarie compilino un documento periodico riepilogativo degli scambi avvenuti durante il tempo di riferimento, ovvero il modello INTRASTAT. Infine, le imprese che intendono effettuare transazioni seguendo il regime dell’IVA intracomunitaria, devono iscriversi al VIES, un registro speciale tenuto dall’Agenzia delle Entrate per monitorare il regime fiscale delle suddette operazioni.

Come funziona il reverse charge per chi compra e per chi acquista?

Una volta definiti i presupposti di applicabilità della disciplina sull’IVA intracomunitaria, è opportuno chiarirne le modalità di funzionamento per gli acquirenti e i cessionari di beni o servizi. La regola è semplice: in un’operazione intracomunitaria, il venditore non deve inserire l’IVA in fattura, essendo compito dell’acquirente dover calcolare e versare l’imposta secondo le regole del proprio Paese, assolvendo anche al relativo obbligo di emissione e rendicontazione del documento fiscale, attraverso l’autofattura.

Facciamo un esempio

Cominciamo dall’esame delle regole previste per l’acquirente. Ipotizzando l’acquisto di un veicolo prodotto dall’azienda tedesca A da parte dell’azienda italiana B, sarà quest’ultima a dover integrare la fattura con l’IVA, seguendo l’aliquota effettivamente vigente nel proprio Paese e, di conseguenza, dovendola versarla al proprio erario. In secondo luogo, l’acquirente del bene o servizio dovrà registrare l’autofattura così integrata sul registro acquisti e su quello relativo alle fatture emesse.

Per quanto concerne l’impresa venditrice quest’ultima dovrà emettere una fattura senza IVA, indicando la dicitura "Operazione esente da imposta di bollo e IVA ai sensi dell’art.17DPR.633/72 – Fattura in inversione contabile". Invertendo l’esempio appena effettuato, se è l’impresa italiana A a dover vendere ad un’impresa straniera, non troverà applicazione l’aliquota italiana, ma la cessionaria dovrà emettere fattura senza IVA: sarà l’azienda acquirente a dover calcolare l’IVA applicabile secondo l’aliquota nazionale (nell’esempio, quella tedesca), a versarla secondo le leggi di riferimento e, naturalmente, a registrarla seguendo le norme previste nel proprio ordinamento.

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Le eccezioni

È possibile, peraltro, che l’operazione intracomunitaria sia non imponibile. Anche in questo caso, chi esegue l’operazione deve emettere fattura senza imposta, indicando tuttavia la dicitura "non imponibile" sulla base della relativa norma comunitaria o nazionale che stabilisce l’esenzione.  

Inoltre, anche in presenza dei presupposti sopra individuati, sfuggono alla disciplina degli acquisti intracomunitari (e al relativo meccanismo dell’IVA intracomunitaria), gli acquisti concernenti, tra gli altri:

  • beni da riparare e rispedire al di fuori del territorio in cui è avvenuta la lavorazione;
  • beni che vengono utilizzati temporaneamente per eseguire prestazioni di servizi nello stato di destinazione da parte della stessa azienda che ha provveduto alla loro introduzione nel territorio nazionale;
  • impianti o macchinari installati nel territorio nazionale da parte del fornitore o per conto di quest’ultimo.

Regole peculiari in materia di cessioni/acquisto di servizi

All’interno delle operazioni intracomunitarie rientrano anche le cessioni di determinati servizi, soprattutto quelli concernenti il servizio di trasporto o comunque quelli accessori all’acquisto dei beni oggetto di reverse charge.

Anche sotto questo profilo, le norme vigenti stabiliscono quale presupposto la necessaria transnazionalità della erogazione del servizio. Per determinare il regime tributario nazionale applicabile, si fa riferimento non al luogo di effettivo svolgimento della prestazione ma a quello della sede del soggetto passivo del servizio, il così detto criterio del luogo del committente. Sussistendo i presupposti richiesti, si applica il meccanismo del reverse charge già descritto.

Un esempio applicato alla vendita di servizi

Un servizio informatico erogato dall’impresa tedesca A all’impresa italiana B viene effettivamente considerato intracomunitario proprio perché l’utilizzatrice ha sede in un diverso Paese europeo: così non sarebbe se, invece, l’utilizzatrice fosse un’altra azienda tedesca, anche qualora il servizio venisse reso nel territorio di un differente stato membro. In caso affermativo, dunque, l’impresa A emetterà fattura senza IVA, spettando all’impresa B il calcolo, l’emissione e il versamento dell’imposta secondo l’aliquota interna.

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Il caso delle persone fisiche

Viceversa, tutti i servizi generici prestati a persone fisiche, ovvero rapporti B2B, sfuggono al meccanismo del reverse charge, in modo assimilabile a quanto avviene per le cessioni di beni non B2B. In questi casi, le operazioni restano assoggettate all’imposizione dello Stato in cui ha sede il fornitore del servizio.

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L'autore
  • PietroZincani.jpg
    Commercialista  Reply

    Laureato in Economia e Commercio, indirizzo Commercio Internazionale. Dottore Commercialista e Revisore Legale. Si occupa di consulenza societaria, fiscale e contabile di ogni genere di realtà aziendale. Si interessa di revisione contabile, ricoprendo incarichi di Sindaco e Revisore Legale all'interno di società di medie e grandi dimensioni. Specializzato in fiscalità internazionale, assiste ogni tipologia di impresa nel processo di internazionalizzazione. Esperto nella gestione delle crisi d'impresa, risanamento aziendale e  procedure concorsuali.

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