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Perdere il lavoro al tempo dei social network

Perdere il lavoro al tempo dei social network

Non puoi fare a meno di stare su Facebook anche mentre sei in ufficio? Fai le stories su Instagram anche durante l'orario di lavoro? Non sempre è una buona idea. Occhio a quello che pubblichi o a quello che scrivi: anche il vostro capo vi vede e vi legge. E vi licenzia...su WhatsApp!



#tropposonno #coffeetime #selfieatwork #odioilunedi: no non siamo su Instagram, né tantomeno su Facebook. Tuttavia quante volte leggiamo post di amici o conoscenti (oppure siamo noi stessi a farlo!) che anche sul luogo di lavoro utilizzano i social in modo compulsivo: questo non significa che sia una cosa in assoluto negativa. Dipende dal tipo di attività che svolgiamo e soprattutto da ciò che pubblichiamo: se lavoriamo per i fatti nostri, poco male. Se siamo lavoratori dipendenti, magari il boss potrebbe non gradire il nostro "cazzeggio" durante l'orario di lavoro. Vediamo in che modo l'interazione con i social network può influire negativamente sul lavoro o pregiudicare i rapporti con l'azienda.

Leggi anche > > > Due spunte blu su WhatsApp: sei fuori!

Offese su Facebook: cosa dice la legge?

Poichè lo smartphone è diventato un prolungamento dei nostri arti, spesso sfoghiamo le nostre frustrazioni digitando compulsivamente i nostri anatemi su Facebook: se i nostri piagnistei riguardano il lavoro, stiamo attenti però a ciò che scriviamo. Il diritto di critica del lavoratore è sacrosanto ed è pure sancito dalla Costituzione e dallo Statuto dei lavoratori.
La critica su Facebook o su qualsiasi altro social, però, non deve sfociare in offese ed insulti: il reato di diffamazione nei confronti dell'azienda è dietro l'angolo ed è punibile con il licenziamento in tronco (Cassazione, Sent. n° 10280 del 27/04/2018). Non va sottovalutato il fatto che i social network sono dei mezzi di divulgazione di massa molto potenti: un nostro post pubblicato su Facebook, attraverso i likes e le condivisioni, può avere infatti un effetto devastante e imprevedibile. Morale della favola: prima postare ai quattro venti "La mia azienda fa schifo" o "Il mio capo è un delinquente" pensateci bene.

Lavoro e (cattive) abitudini social: quali conseguenze?

Se siete dei maniaci del "buongiornissimo kaffè", dei selfie-addicted con la bocca a cuoricino (per non dire altro) o altre amenità del genere anche sul posto di lavoro, fate attenzione alle possibili conseguenze: avete avuto la sventurata idea, tra le tante, di aggiungere tra gli amici anche il vostro datore di lavoro o il vostro capo ufficio? State certi che non saranno felicissimi di vedervi super impegnati in molte cose tranne che lavorare.
Un'altra genialata per compromettere irrimediabilmente il vostro rapporto con l'azienda è assentarsi dal lavoro inviando un certificato di malattia e, negli stessi giorni, farsi i selfie al mare mentre prendete il sole. Poi non lamentatevi se dall'ufficio vi rendono pan per focaccia e su WhatsApp vi scrivono: "Lei è licenziato!".
Ma perchè si può licenziare tramite WhatsApp? Certo che si, lo ha stabilito un'ordinanza del Tribunale di Catania, di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo: il licenziamento intimato ad un dipendente a mezzo WhatsApp assolve pienamente il requisito della forma scritta, identifica il mittente (datore di lavoro) e il destinatario (lavoratore), fornisce al pari di una PEC l'avvenuta ricezione (doppie spunte grigie) e l'avvenuta lettura (doppie spunte blu) e individua con precisione la data e l'orario di invio. Occhio dunque: nel mondo del lavoro, chi di social ferisce, di chat perisce!

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