In passato si utilizzavano strumenti di protezione quali interdizione e inabilitazione. Ma quali sono le differenze rispetto all'attuale regime dell'Amministratore di Sostegno? Rispondiamo alla domanda di un lettore del nostro blog. Fai la tua domanda se hai ancora dubbi.
L’amministrazione di sostegno poggia su una filosofia di fondo opposta rispetto quella del vecchio sistema di protezione, come potrebbe essere l'interdizione, vale a dire:
- non già una misura mortificante, oppressiva; e tanto meno una risposta calata dall’alto, svilente la dignità dell’individuo, orientata alla salvaguardia dei soli interessi patrimoniali (specie di terzi);
- tutt’al contrario, una protezione da accordare con le minori limitazioni possibili della capacità d’agire della persona, mirante a valorizzare e a incoraggiare, in ogni momento, le residue abilità e potenzialità della stessa.
Varie, nei dettagli statutari, le peculiarità del neo-strumento rispetto agli istituti tradizionali. Spiccano in particolare:
(a) L’idoneità dell’AdS ad assicurare un intervento ad amplissimo raggio, relativamente ai soggetti presidiabili. Destinatari da individuare - come già visto - non solo fra le persone che versano in pessime condizioni di salute, ma pure tra i soggetti che stanno “così così”: non abbastanza male da meritare, cioè, l’affronto di soluzioni difensive estreme, ma neanche abbastanza bene da potersela cavare sempre da soli.
Oltre dunque alla cd. “clientela pesante” - ossia alle persone che soffrono di un’infermità abituale di mente - anche tutti coloro che mostrano di incontrare scogli, più o meno gravi e continui, nel fronteggiamento delle incombenze quotidiane, grandi e piccole (ammalati, anziani della quarta età, tossicodipendenti, alcolisti, borderline, disabili fisici e sensoriali, individui con disturbi marcati del carattere, epilettici, analfabeti cronici, abbrutiti sociali, giocatori d’azzardo, spendaccioni irriducibili, misantropi patologici, in certi casi immigrati, carcerati, homeless, etc.);
(b) L’estrema flessibilità sul piano rimediale. La propensione cioè dell’AdS a modularsi secondo le esigenze dell’interessato, con una vasta rosa di assetti possibili, sul piano tecnico/disciplinare: dal modello dell’ “assistenza” (contratti da stipulare a doppia firma), a quello della “rappresentanza” (l’AdS può agire anche da solo, sostitutivamente); fino all’esito - limitatamente ai casi in cui ciò si renda necessario - di un’eventuale
“incapacitazione” o “disabilitazione” negoziale, stabilita nell’esclusivo interesse dell’amministrato, in relazione ad uno o a determinati gruppi di atti o di operazioni. Con tutte queste articolazioni – aggiungiamo – impiegabili contemporaneamente entro il decreto giudiziale (quando occorra): ciascuna rispetto a questa o a quella branca di attività, di tipo personale o patrimoniale. E con la costante possibilità per il g.t. di variare
e riplasmare man mano - nel corso del tempo, a seconda delle circostanze, per questo o quel dettaglio - la combinazione difensiva messa a punto inizialmente (è ben nota, a tale riguardo, l’immagine del “vestito su misura”).
(c) L’opera di continuo vaglio e monitoraggio, che è affidata al giudice tutelare, rispetto a ogni intervento/aggiustamento che si consigli. Il che farà sì che - a differenza di quanto avviene con l’interdizione (il cui fascicolo, una volta pronunciata la sentenza, finisce sostanzialmente nel dimenticatoio) - la pratica relativa a quella persona rimanga sempre “aperta” sul tavolo del magistrato, suscettibile di essere modificata mese per mese, al limite settimana per settimana. (d) La snellezza della procedura - a cominciare dal momento dell’attivazione in giudizio: con un accesso formale che si presenta quantomai facilitato, rapido; nonché (per i fascicoli delle AdS già aperte) con la garanzia di una minuziosa sorveglianza, da parte del g.t., circa l’operato dell’amministratore di sostegno.
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