Novità molto attese, sul 5xmille, dal DCPM dello scorso 23 luglio. Chi sono i nuovi beneficiari? Come è possibile essere accreditato all'elenco dei beneficiari? Quali sono le nuove soglie economiche per poter partecipare alla ripartizione? Quali obblighi per l'ente che riceve il contributo?
Lo scorso 17 settembre, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del DCPM 23 Luglio 2020 è arrivata a destinazione la riforma del 5xmille, che molti attendevano ormai da anni, e che già dal 2017 sembrava in dirittura di arriva.
Le novità più importanti ruotano attorno ad alcuni aspetti chiave: modalità e termini per l’accreditamento al 5xmille, formazione degli elenchi, erogazione e riparto del contributo e ampliamento dei beneficiari.
Il 5xmille, lo ricordiamo, è uno strumento importantissimo che i contribuenti possono utilizzare per finanziare attività di enorme utilità sociale: pensiamo alla ricerca sanitaria condotta da fondazioni private, al finanziamento di attività a favore dei più deboli, alla salvaguardia del patrimonio paesaggistico o alla difesa degli animali
È stata estesa la platea dei soggetti che possono accreditarsi all’elenco dei beneficiari. Ai beneficiari già individuati si aggiungono gli enti del terzo settore (ETS). In questo modo i beneficiari, nel complesso, sono:
Ribadendo che per iscriversi all’elenco dei beneficiari è necessario essere iscritti al RUNTS, il Registro Unico Nazionale Terzo Settore. Va precisato che il RUNTS, benché istituito formalmente nel 2017 (e sarebbe dovuto essere operativo nel 2019) non è stato ancora attuato. Per questo motivo, l’adesione degli ETS alla platea dei beneficiari del 5xmille è rimandata all’anno successivo a quello di attuazione del RUNTS.
I beneficiari devono fare riferimento all’Ente competente, che può essere il Ministero della Salute, dell’Università e della Ricerca, il CONI, l’Agenzia delle Entrate e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Agricole nel caso degli Enti del Terzo Settore.
No, i Comuni sono l’unico ente che non è chiamato ad accreditarsi e per i quali l’accredito avviene d’ufficio.
Questa costituisce un’altra novità emersa dal recente DCPM. Gli Enti competenti, quindi ciascuno per il proprio settore, devono obbligatoriamente pubblicare gli elenchi di tutti i beneficiari entro il 20 aprile di ogni anno, per dare la possibilità ai legali rappresentati di richiedere una rettifica o una variazione, in caso di incongruenze, entro il 30 aprile.
No, per essere ammessi come beneficiari è sufficiente presentare una sola volta la domanda, visto che gli elenchi sono permanenti. Tuttavia, ogni beneficiario ha l’obbligo di comunicare eventuali variazioni che possono sopraggiungere sui requisiti.
Questo aspetto si suddivide in due fasi. Innanzitutto viene definito un elenco di tutti coloro che hanno ottenuto il contributo e il relativo importo. Questo viene pubblicato dall’Agenzia delle Entrate entro il settimo mese successivo a quello di scadenza di presentazione della dichiarazione del redditi. Successivamente avviene l’erogazione, la quale sarà finalizzata entro la fine del secondo esercizio successivo a quello di impegno. Va precisato che entro il 30 settembre, i beneficiari hanno l’obbligo di comunicare i dati bancari, o altro, utili all’erogazione del contributo. Se non viene rispettato il termine, si viene esclusi dal riparto.
Si è vero e su questo troviamo un’altra novità del recente DCPM. Prima di quest’ultimo la soglia era stata fissata a 12 euro, mentre ora è stata innalzata a 100 euro. Questo vuol dire che al di sotto di questa cifra non avviene la ripartizione a favore del contribuente scelto dai cittadini, ma si crea una sorta di fondo che viene poi ripartito tra quelli della medesima categoria e in maniera proporzionale alle scelte ricevute.
Il DCPM si è soffermato molto sulla questione della trasparenza. Ha stabilito infatti che la rendicontazione delle spese sostenute rispetto al contributo ricevuto, è sempre obbligatoria. I beneficiari, entro un anno dall’erogazione, devono redigere un rendiconto e una relazione illustrativa su come sono state utilizzate le somme ricevute, e devono trasmettere i documenti all’Ente competente per la pubblicazione. Da questa procedura sono esclusi solo i beneficiari al di sotto dei 20.000 euro, per i quali resta comunque l’obbligo di conservare per almeno 10 anni la documentazione che dimostri le spese sostenute con il contributo ricevuto.
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