L'inversione contabile, nota anche con l'espressione inglese di Reverse Charge, è un meccanismo di lunga data, ideato per combattere l'evasione fiscale. Ma cosa indica precisamente questa espressione? A chi spetta il versamento dell'IVA? Quali le differenze rispetto ai processi soliti?
Quando si parla di Reverse Charge si affronta un tema che appartiene al campo dell’Iva, cosa che immaginiamo sia ben nota agli imprenditori. Tuttavia è sempre importante tornare sull’argomento per chiarire certi aspetti non sempre chiari, come le operazioni che sono soggette all’inversione contabile.
La parola Reverse Charge in italiano indica il meccanismo di inversione contabile, ovvero il processo che elimina la detrazione dell’IVA sugli acquisti. L’applicazione di questo meccanismo, in sostanza, comporta che il destinatario dei beni o dei servizi acquistati, soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato, sia obbligato all’assolvimento dell’imposta al posto del cedente. Il meccanismo è stato introdotto come misura di contrasto all’evasione fiscale nell’ambito edilizio e poi esteso anche ad altri settori. Sostanzialmente avviene l’esatto contrario di ciò che accade normalmente, ovvero che l’IVA viene addebitata all’acquirente e poi versata dal venditore allo Stato. Ma quando ciò non avviene, si ha l’evasione fiscale.
Come specificato poc’anzi, essendo il meccanismo del Reverse Charge una deroga al normale funzionamento di esigibilità dell’IVA, quest’ultima dev’essere versata non da chi vende (il quale non la esporrà in fattura) ma dev’essere detratta da chi acquista, il quale diventa a tutti gli effetti creditore nei confronti dello Stato.
Le operazioni soggette alla Reverse Charge, per altro individuate dall’articolo 17 del DPR 633 del 1072, sono le seguenti:
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