Oggi, i condomini sono spesso in bolletta. E ciò succede per le sempre più diffuse situazioni di morosità.
In assenza di liquidi sul conto, l’amministratore – che non può certo anticipare di tasca propria il denaro necessario a pagare i fornitori – non potrà far altro che avvisare l’assemblea dei rischi a cui si va incontro nel non adempiere i propri obblighi contrattuali.
Dal lato suo, però, il creditore si chiederà come recuperare un credito nei confronti di un condominio, specie se questo – come succede appunto quando le fatture non vengono onorate – non ha denaro a sufficienza per far fronte ai debiti. Vediamo allora cosa prevede la legge.
Da un punto di vista processuale, in materia condominiale nulla cambia rispetto all’iter previsto per un normale recupero crediti. Dunque, in presenza di una fattura o di un contratto scritto, il creditore potrà chiedere un decreto ingiuntivo al giudice che poi dovrà notificare all’amministratore, presso il suo studio.
L’amministratore ha l’obbligo di informare l’assemblea al più presto di ciò, al fine di evitare azioni esecutive che potrebbero pregiudicare i beni del condominio e dei singoli condomini. In assenza di tale adempimento, l’amministratore può essere revocato per giusta causa con effetto immediato.
Dal giorno della notifica, il condomino ha 40 giorni di tempo per presentare eventualmente opposizione e dimostrare l’insussistenza del debito.
In assenza di opposizione, dopo 40 giorni, il decreto ingiuntivo diventa definitivo e non può più essere contestato.
A questo punto il creditore dovrà notificare, a mezzo dell’ufficiale giudiziario, l’atto di precetto: si tratta di un ultimo avviso ad adempiere entro massimo 10 giorni.
Entro 90 giorni dalla notifica del precetto il creditore può avviare le azioni esecutive, ossia il pignoramento.
Se scadono i 90 giorni il creditore deve notificare un nuovo atto di precetto.
La notifica va curata sempre presso lo studio dell’amministratore.
Il creditore può decidere liberamente se pignorare prima i beni del condominio o quelli dei singoli condomini. Di solito, si agisce subito pignorando il conto corrente condominiale. Il creditore può scoprire presso quale banca il condominio ha il proprio conto facendosi autorizzare, dal Presidente del Tribunale (dopo la notifica del precetto), a consultare l’anagrafe tributaria (da cui appunto risulta il nome della banca presso cui il condominio intrattiene il rapporto di conto).
Se il pignoramento non dovesse andare a buon fine, il creditore potrà agire contro i beni dei singoli condomini. Nulla esclude però che questi possa intraprendere direttamente questa strada.
Il creditore può pignorare i beni dei singoli condomini come la casa (anche se inserita in un fondo patrimoniale), il conto corrente, il quinto della pensione o dello stipendio, eventuali canoni di affitto (magari percepiti proprio da uno degli appartamenti situati all’interno dell’edificio). Tuttavia, è necessario rispettare due regole:
Il creditore che non riesce a recuperare il dovuto tramite questi metodi non può fare nient’altro se non sperare, magari, che un giorno il condominio navighi in acque migliori. Ma a tal fine dovrà inviare, di tanto in tanto, una diffida per impedire che il proprio credito cada in prescrizione.
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