È di questi giorni una notizia molto interessante che riguarda una disputa risolta dall’ABF a favore dei consumatori che si sono sentiti truffati da almeno 3 società che proponevano una formula di acquisto dell’auto a costo zero. Come era possibile? È perché è intervenuta l’ABF?
Andiamo con ordine, in quanto la questione è piuttosto lunga e complicata. Alle origini di questa storia vi è un’azione di marketing molto in voga negli Stati Uniti che qualcuno ha pensato bene di importare in Italia: acquistare automobili nuove e ottenere un rimborso della somma pagata ospitando pubblicità sulle fiancate delle proprie auto.
L’iniziativa era denominata My Car No Cost è prevedeva che l’acquirente acquistasse un auto nuova tramite accensione di un finanziamento. In seguito, su base mensile, la società proponente si impegnava a rateizzare a sua volta gli accrediti mensili derivanti dalla vendita degli spazi pubblicitari.
Pare che inizialmente le cose siano andate per il meglio e che, sebbene con un leggero ritardo, i clienti abbiano ricevuto i primi rimborsi. Almeno fino a quando il numero dei clienti è rimasto circoscritto. Ma il rapido passaparola ha fatto aumentare il numero delle persone interessante e nel giro di breve tempo sono finiti anche i famosi rimborsi.
Eppure, nonostante questo, il vero motivo del problema non è tanto nei mancati rimborsi, che pure ha portato i consumatori a intraprendere una causa per inadempienza contrattuale, ma proprio la tecnica di marketing adottata, la quale in Italia non è consentita dalla legge.
Il nodo è proprio questo: importare una strategia come quella proposta per My Car No Cost poteva sembrare una buona idea, se non fosse che negli Stati Uniti la legge consente a tutti i privati di poter fare pubblicità sui propri veicoli, sia privatamente che attraverso l’intermediazione di concessionarie e agenzie. In Italia, invece, questo non è consentito. In sostanza, siamo di fronte ad una vera e propria truffa, ovviamente a danno dei soliti consumatori.
Sulla questione è intervenuta anche Adusbef, l’Associazione di professionisti che lavora per la tutela dei consumatori italiani.
L’argomento è affrontato nell’articolo 23 del Codice della Strada. Al comma 2 si stabilisce il divieto di esporre scritte o insegne pubblicitarie luminose sui veicoli privati. Quindi fanno eccezione i mezzi che espletano un servizio pubblico. Inoltre si stabilisce il divieto, anche per i mezzi pubblici, di qualsiasi pubblicità che va in contrasto con le norme contenute nel Codice della Strada. Le pene, per questo tipo di infrazioni, sono di tipo pecuniario.
Come poc’anzi accennato, l’automobilista rischia una multa che può essere anche molto salata, visto che si va da un minimo di 380 a un massimo di 1620 euro.
In sostanza, il servizio My Car No Cost proponeva dei benefit che in realtà erano in contrasto con quanto stabilito dalla legge, e per questo fin dal principio era impossibilitata, la società che gestisce il servizio, ha soddisfare il contratto stipulato.
Partiamo con il ricordare che l’ABF è l’acronimo di Arbitro Bancario Finanziario, ovvero l’organismo che si occupa di tutte le dispute che coinvolgono i cittadini e le persone giuridiche da una parte, gli istituti finanziari dall’altra. Il motivo per cui l’ABF è stata chiamata a intervenire si lega la fatto che per poter procedere all’acquisto dell’autovettura e dei materiali pubblicitari, i privati hanno dovuto sottoscrivere un finanziamento con un istituto di credito, motivato dalla stipula del contratto con la società proponente. L’ABF, quindi, nella sentenza di Settembre 2021 ha stabilito che gli istituti finanziari devono rimborsare quanto già versato dai clienti, in quanto vittime di una truffa che gli avrebbe indotto a sottoscrivere dei contratti altrimenti mai realizzati.
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