I DPCM susseguitisi da marzo 2020 hanno comportato un azzeramento del fatturato di molte attività commerciali e professionali che in taluni casi ha determinato una crisi di liquidità immediata e reso insostenibile il canone locazione. Che cosa fare? Punti di vista di conduttore e locatore.
I D.P.C.M. che si sono susseguiti a far data dal mese di marzo 2020 e, per quanto riguarda il Piemonte da ultimo anche il DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE n. 43 del 13/04/2020, emanati per fronteggiare l’epidemia COVID-19, prevedono la chiusura temporanea di diverse attività commerciali e una forte limitazione all’apertura al pubblico degli studi professionali fino al 3/5/2020 (allo stato di redazione del presente scritto).
Tali provvedimenti hanno comportato un totale azzeramento del fatturato di molti esercizi commerciali e attività professionali che in taluni casi ha determinato una crisi di liquidità immediata. Inoltre, è anche possibile che, per i prossimi mesi, pur se verranno riaperte le attività, i vincoli eventualmente imposti a tutela della salute della collettività renderanno l’importo del canone di locazione originariamente pattuito non più sostenibile.
Il cd. Decreto Cura Italia (D.L. 18/2020) non prevede una norma che autorizzi ex se la autosospensione del canone di locazione o una disciplina specifica per la regolamentazione dei contratti di locazione; si limita a prevedere, all‘art. 65, un sostegno per i canoni di locazione commerciale riconoscendo un credito d’imposta pari al 60% dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1.
Nel suddetto decreto è stata, tuttavia, introdotta una norma generale, limitata al periodo di emergenza, in materia di responsabilità da inadempimento delle obbligazioni: l’art. 91 prevede, infatti, che “Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.”
In sostanza, il rispetto delle misure di contenimento del Covid -19 andrà “sempre valutato” ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore: il giudizio è, quindi, rimesso alla valutazione discrezionale del Giudicante.
L’obbligazione principale del conduttore, una volta presa in consegna l’immobile locato, è quella di “dare il corrispettivo nel termini convenuti” (art. 1587 n. 2 cc) , l’obbligazione principale del locatore, una volta consegnata al conduttore la cosa locata, è quella prevista dal n. 2) dell’art. 1575 c.c. ovvero “mantenerla in stato da servire all’uso convenuto” e “garantirne il pacifico godimento durante la locazione” (n. 3 dell’art. 1575 cc).
In una cornice di crisi, per la parte conduttrice potrebbero, quindi, delinearsi due scenari: da un lato potrebbe nascere la necessità di chiudere l’attività e di liberarsi dal contratto di locazione; dall’altro lato, i conduttori potrebbero voler tentare di mantenere aperta la propria attività.
Innanzitutto, è consigliabile rivolgersi ad un Legale per ottenere una consulenza specifica per il proprio caso.
In linea generale, in entrambi i casi il conduttore dovrà verificare l’eventuale presenza nel contratto di clausole relative alla disciplina di eventi straordinari; in assenza di tali clausole:
se intende liberarsi dal contratto di locazione:
– è in primo luogo ipotizzabile che la parte conduttrice possa far valere il diritto di recesso per gravi motivi attribuitole dall’art. 27, ultimo comma, della legge n. 392 del 1978, fermo restando che l’esercizio legittimo del diritto di recesso non esonera il conduttore dall’obbligo di versare i canoni maturati durante il semestre di preavviso;
– è, altresì, ipotizzabile che il conduttore possa azionare il rimedio della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, ex art. 1467, comma 1, cod. civ., fermo restando che una eventuale pronuncia di accoglimento della domanda di risoluzione del contratto opererebbe ex nunc e, pertanto, rimarrebbero a carico le debenze medio tempore maturate;
– è, infine, ipotizzabile che il conduttore possa azionare il rimedio della risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione ex art. 1463 cc o, aderendo alla tesi dell’impossibilità solo parziale della prestazione del locatore, invocare l’applicazione dell’art. 1464 cc sostenendo che la chiusura imposta dall’Autorità per il contenimento del Covid-19 (coronavirus) renda la prestazione del locatore “solo parzialmente impossibile” non avendogli il locatore garantito l’utilizzo dei locali per lo svolgimento dell’attività cui è finalizzato il contratto, pur essendo l’immobile rimasto nella disponibilità del conduttore, e, di conseguenza, richiedere il recesso dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all’adempimento parziale.
se intende mantenere in vita il contratto di locazione:
Per quanto riguarda le attività che per provvedimenti dell’Autorità devono rimanere chiuse, potrebbe trovare applicazione l’art. 91 D.L. n.18/2020: la chiusura potrebbe essere valutata dal Giudicante, nel giudizio sull’eventuale mancato (o tardivo) pagamento dei canoni di locazione, al fine di escludere la responsabilità del conduttore e, in tal modo, quella gravità dell’inadempimento che, diversamente potrebbe costituire motivo di risoluzione del contratto.
Ricordiamo che, ad oggi, la parte conduttrice non può ritenersi ex se legittimata a sospendere unilateralmente il pagamento del canone di locazione o ad effettuare una riduzione unilaterale del canone di locazione originariamente stabilito.
Va, peraltro, evidenziato che il mancato pagamento dei canoni di locazione maturati nel periodo di emergenza coperto dalle misure per il contenimento del covid-19, pur potendo in ipotesi venire valutato dal Giudicante al fine di escludere la responsabilità del conduttore per l’inadempimento e, quindi, la risoluzione del contratto, in assenza di una espressa previsione di moratoria/sanatoria, una volta terminata l’emergenza, potrebbe dare diritto al locatore di richiedere quanto maturato a titolo di canoni di locazione scaduti.
Cosa potrebbe rispondere il conduttore ad una tale richiesta?
– è ipotizzabile che il conduttore possa invocare l’applicazione dell’art. 1464 cc sostenendo che la chiusura imposta dall’Autorità per il contenimento del Covid-19 (coronavirus) renda la prestazione del locatore “solo parzialmente impossibile” non avendogli il locatore garantito l’utilizzo dei locali per lo svolgimento dell’attività cui è finalizzato il contratto, pur essendo l’immobile rimasto nella disponibilità del conduttore, e, di conseguenza, ritenendo inadempiuto l’obbligo del locatore di mantenere il bene in condizione da essere utilizzato secondo l’uso contrattualmente stabilito ai sensi dell’art. 1575 cc, pur nell’adempimento dell’obbligo di consegna dei locali gravante sul locatore, il conduttore potrebbe vantare il diritto ad una conseguente riduzione della sua prestazione, ovvero quella del pagamento del canone e così liberarsi dalla propria obbligazione del pagamento del canone ex art. 1258 cc;
– è, altresì, ipotizzabile che il conduttore possa richiedere l’applicazione dell’art. 1256 cc relativo all’impossibilità sopravvenuta della prestazione, tra cui rientra quella dovuta al cd.“factum principis” (che si ha quando provvedimenti dell’Autorità rendono oggettivamente impossibile eseguire la prestazione), sostenendo di essere liberato dall’obbligo di corrispondere il canone per il periodo in cui, per il divieto di esercitare l’attività, si è verificata l’impossibilità di utilizzare i locali per le finalità per Ie quali sono stati affittati, non avendogli il locatore garantito l’utilizzo dei locali per lo svolgimento dell’attività cui è finalizzato il contratto; tuttavia, è facile prevedere che a tale richiesta, il locatore possa opporre che l’immobile è rimasto nella disponibilità del conduttore, anche se non può servirsene compiutamente per l’uso convenuto, motivo per cui l’impossibilità sarebbe solo parziale; inoltre, nel caso di specie, si tratterebbe di un’impossibilità temporanea (comma 2 “Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento…): l’inutilizzabilità dei locali per factum principis determinerebbe l’impossibilità di adempiere alla propria obbligazione per il tempo per il quale durerà l’emergenza sanitaria; finché perdura tale impossibilità, il conduttore non sarebbe responsabile del ritardo nel pagamento del canone di locazione (in sostanza, al conduttore verrebbe concessa la possibilità di procrastinare il pagamento in un momento successivo, fermo restando che, cessata l’impossibilità, sarà tenuto al pagamento dei canoni precedenti non corrisposti).
A ben vedere, l’art. 91 del DL n. 18/2020 non fa che rafforzare e confermare le disposizioni di cui agli artt. 1256 c.c. (impossibilità definitiva o temporanea) e 1258 c.c. (impossibilità parziale).
Diverso il caso in cui l’attività commerciale non rientri tra quelle oggetto di chiusura, ma comunque subisca un crollo o azzeramento del fatturato per via delle altre limitazioni poste dai provvedimenti dell’Autorità per il contenimento del Covid-19. In relazione al mancato pagamento dei canoni di locazione, potrebbe non trovare applicazione l’art. 91 D.L. n.18/2020, dato che manca il requisito necessario della chiusura per via delle “misure di contenimento di cui al presente decreto”. Rimangono applicabili le norme del Codice civile in materia di “impossibilità sopravvenuta” di adempiere al pagamento o di “eccessiva onerosità sopravvenuta”, che tuttavia, saranno da dimostrare in sede giudiziaria.
In conclusione, è assolutamente consigliabile, in tale situazione di incertezza ed emergenza, che locatore e conduttore trovino un accordo che permetta di salvaguardare il rapporto contrattuale e l’attività d’impresa che da esso dipende.
A livello pratico, il conduttore dovrà, quindi, inviare una comunicazione alla parte locatrice evidenziando i motivi che giustificano una modifica degli accordi contrattuali e chiedere la rivisitazione degli stessi ed una relativa riduzione del canone di locazione o la sospensione del canone di locazione. Una eventuale riduzione e/o sospensione concordata andrà sempre redatta per iscritto. Laddove l’accordo risultasse impossibile, potrebbe essere utile il ricorso alla procedura di mediazione (peraltro obbligatoria in materia locatizia) ex Dg.vo 28/2010, che potrebbe favorire un’ intesa tra le parti.
In assenza di accordi, parte locatrice potrebbe, infatti, procedere con il recupero del credito vantato o intimare lo sfratto per morosità o altra azione di risoluzione del contratto per inadempimento al fine di ottenere il rilascio dei locali, cui il conduttore potrebbe resistere sostenendo una delle tesi sopra indicate.
Come abbiamo visto, nonostante i divieti di esercizio delle attività produttive, commerciali e professionali imposti dai provvedimenti delle Autorità, l’immobile locato, sebbene non accessibile a lavoratori e al pubblico, permane nell’esclusiva disponibilità del conduttore, che ivi custodisce beni e mezzi di produzione.
Lo stesso Decreto Cura Italia, all’articolo 65, presuppone che non sia legislativamente previsto alcun diritto alla sospensione o riduzione del canone.
Cosa potrebbe fare, quindi, il locatore, nel caso di mancato o tardivo pagamento del canone di locazione durante l’emergenza Covid-19?
Innanzitutto, è consigliabile rivolgersi ad un Legale per ottenere una consulenza specifica per il proprio caso.
In linea generale, andrà in primo luogo verificata l’eventuale presenza nel contratto di clausole relative alla disciplina di eventi straordinari; in assenza di tali clausole:
se intende mantenere in vita il contratto di locazione:
A fronte delle difficoltà prospettategli dal conduttore e considerando le difficoltà di ricollocare sul mercato degli affitti il proprio immobile alla luce della situazione di crisi recessiva che pare legittimo attendersi per il prossimo futuro, anche per il locatore è preferibile raggiungere un accordo con il conduttore che consenta il mantenimento del contratto.
– le parti possono liberamente concordare, in ragione degli effetti della sospensione dell’attività sul fatturato dell’impresa, sospensioni, riduzioni o posticipazioni del pagamento del canone, rinegoziando modalità e termini dell’adempimento;
– qualora, tuttavia, il conduttore agisca per far dichiarare la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, parte locatrice potrà contestarla (l’onere probatorio dell’eccessiva onerosità sopravvenuta grava, infatti, sul conduttore) e, comunque, evitarla “offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto” (art. 1467 co. 3 c.c.);
– qualora il conduttore agisca per far dichiarare la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione, il locatore potrà contestare la domanda sostenendo la mancanza dei presupposti, ad es., perchè si configura solo una impotenza economica del singolo debitore (l’obbligazione pecuniaria del pagamento del canone è sempre oggettivamente possibile); in subordine, potrà eccepire trattarsi di un’impossibilità solo parziale e temporanea della prestazione e offrendo una riduzione della prestazione dovuta dal conduttore per tutta la durata dell’emergenza sanitaria.
se intende liberarsi dal contratto di locazione:
– qualora il conduttore non provveda al pagamento del canone di locazione, il locatore potrà diffidarlo al pagamento, metterlo in mora e, terminata la fase di emergenza, procedere con la notifica dell’intimazione dello sfratto per morosità o, qualora contrattualmente prevista, dichiarare al conduttore la propria volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa volta alla risoluzione di diritto del contratto ex art. 1456 cc;
– qualora il conduttore agisca per far dichiarare la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione, il locatore potrà contestare la domanda sostenendo la mancanza dei presupposti e chiedere, in via riconvenzionale, la risoluzione del contratto per inadempimento dello stesso;
– aderire alla domanda di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta proposta dal conduttore o al recesso comunicato da quest’ultimo ex art. 27, ultimo comma, Legge 392/78
A parere di chi scrive, considerando che l’eventuale azione giudiziaria del locatore volta ad ottenere la risoluzione del contrato e il rilascio dell’immobile, qualora vittoriosa, potrebbe non risolversi in tempi brevi e, che, comunque, la conseguente chiusura totale dell’attività potrebbe rendere definitivamente insolvente il conduttore già moroso nel pagamento dei canoni, la ricerca di un accordo con il conduttore che consenta il mantenimento del contrattore resta la soluzione più convincente e, probabilmente più conveniente.
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