Il tema delle criptovalute, a prescindere che si tratti di Bitcoin oppure di una delle tante altre monete virtuali, sta diventando sempre più centrale. Per questo è importante soffermarsi il più possibile su questioni di natura fiscale, sia per i privati che per le società.
Il tema, nonostante sia sempre più dibattuto, resta ancora piuttosto confuso. Per questo motivo può essere utile analizzare sentenze, interpelli o altri documenti che nel corso degli anni sono stati prodotti all’interno di Enti e Istituzioni statali. Oggi ci soffermiamo sull'esenzione IVA per le società che si occupano di intermediazione nella compravendita di monete virtuali.
È interessante, da questo punto di vista, entrare nel merito della Risoluzione Numero 72/E dell’Agenzia delle Entrate del 2016, che chiarisce alcuni aspetti di interesse per chi voglia aprire una società di mediazione per l’acquisto e la vendita di criptovalute.
Le problematiche più rilevanti, nello specifico, riguardano il corretto trattamento IVA da applicare alle operazioni di acquisto e vendita di monete virtuali e l’eventuale obbligo, per la società, di sottostare agli adempimenti in qualità di sostituto d’imposta.
Ma da cosa nascono i dubbi? I dubbi si legano sicuramente all’utilizzo attuale dei Bitcoin, che rappresentano solo una delle innumerevoli tipologie di criptovaluta disponibili sul mercato. Il principio di fondo dei Bitcoin è la loro accettazione come moneta alternativa a quella tradizionale e avente corso legale. Quindi l’utilizzo delle criptovalute per il pagamento di beni e servizi avviene, per ora, sulla base di un reciproco rapporto di fiducia tra due o più parti coinvolte.
Tutto ciò avviene all’interno di un processo che è interamente virtuale ma non meno reale: infatti le criptovalute non hanno natura fisica ma esclusivamente digitale e sono identificate mediante codici crittografici calcolati da complessi algoritmi.
Ed è lo scambio dei codici crittografici che consente, concretamente, l’acquisto e la vendita delle monete virtuali, quando le criptovalute sono acquistate per fini speculativi, oppure per il pagamenti di beni e servizi.
In merito all’attività speculativa sulla compravendita di criptovalute, la Corte Europea ha stabilito che tali operazioni sono classificabili come operazioni relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio, come da articolo 135, lettera e della 2006/112/CE, e in quanto tali sono esenti dal pagamento dell’IVA.
Per maggiore chiarezza, va specificato che in caso di intermediazione societaria nella compra vendita di cripto valute, il guadagno per la società è dato dalla differenza tra quanto anticipato dal cliente per l’acquisto, per esempio, di bitcoin, e quanto speso dalla società per l’acquisto delle medesima moneta. In sostanza parliamo delle commissioni sulle transazioni, le quali, appunto sono esenti IVA.
Questo valore, è ascrivibile ai ricavi caratteristici di esercizio dell’attività, quindi contribuiscono alla formazione della materia imponibile soggetta a tassazione IRES o IRAP.
Ma come deve comportarsi la società in merito alla sostituzione d’imposta? L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che una società che voglia svolgere lavoro di intermediazione nella compravendita di cripto valute, non è obbligata ad assumere il ruolo di sostituto d’imposta, ma semmai è obbligata a fornire la documentazione sulla propria clientela laddove richiesto dalle autorità giudiziarie.
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