Non è sempre facile capire quali sono le differenze tra queste tre misure che intervengono a favore di individui che per qualche motivo, non legato all’età anagrafica, non sono pienamente capaci di agire in autonomia.
Il concetto di amministrazione di sostegno è forse più semplice da comprendere, almeno perché il suo scopo è nell’espressione stessa dei termini. Tuttavia, accanto all’amministrazione di sostegno si collocano altre due figure di protezione, o sostituzione, che prendono il nome di interdizione e inabilitazione.
Come già accennato, tutte e tre le figure citate intervengono a salvaguardia di individui che pur avendo raggiunto la maggiore età, non sono in grado di provvedere a se stessi, non sono completamente autosufficienti. Ciò implica la necessità di qualcuno che intervenga a loro protezione o che agisca in loro sostituzione.
Si tratta, fra le tre, della figura più invasiva di salvaguardia del diritto altrui, che interviene proprio in situazioni di grave menomazione dell’interessato, in particolare a livello psichico, tale per cui viene meno qualsiasi possibilità di agire sulla e nella realtà. Le limitazioni sono tali, che l’intervento di interdizione non mira alla soddisfazione dei bisogni dell’interessato ma piuttosto per salvaguardare i diritti dei suoi familiari, difendendo così il patrimonio domestico.
Ove possibile, l’interdizione può essere richiesta anche dal diretto interessato, se la sue psiche non è ancora compromessa. In caso contrario, l’interdizione può essere richiesta dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, quindi che non è necessariamente il coniuge, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore o curatore e dal pubblico ministero.
Il tutore dell’interdetto è scelto dal tribunale.
Dal momento che in caso di interdizione, l’incapacità legale è completa, il tutore interviene in tutti gli atti, anche quelli relativi all’ordinaria amministrazione. Infatti il tutore ha la cura completa della persona affidata e la rappresenta in tutti gli atti. Per questo motivo, il tutore ha come primo compito, una volta nominato, di eseguire una ricognizione e un inventario dei beni del rappresentato, al fine di riconoscersi un budget mensile per l’espletamento di tutti gli atti di ordinaria amministrazione, da rendicontare su base annuale.
Assolutamente no. Vi sono atti in cui è necessaria l’autorizzazione del giudice. Ad esempio per l’acquisto e l’alienazione dei beni, la riscossione dei capitali, le accettazioni o le rinunce alle donazioni e la promozione di giudizi.
Quando l’infermità è meno grave di quella necessaria per l’interdizione. I destinatari dell’inabilitazione sono i maggiorenni, infermi di mente ma non talmente gravi da necessitare dell’interdizione. I ciechi o i sordi di nascita che non hanno ricevuto la giusta educazione. Chi è soggetto a uso massivo di droghe o alcool e che può avere importanti ripercussioni negative sul patrimonio della propria famiglia.
Se nel secondo vi è la sostituzione completa, nel caso dell’inabilitazione vi è invece il controllo sugli atti di straordinaria di amministrazione, che l’assistito può compiere autonomamente ma sempre con l’autorizzazione dell’tutore. Per quanto riguarda gli atti di ordinaria amministrazione, invece, l’assistito può procedere autonomamente.
È la terza figura che opera in assistenza ad un individuo incapace di agire autonomamente. Rispetto alle altre figure, è quella considerata più snella, in quanto interviene senza limitazioni. Anche la nomina avviene in maniera abbastanza agevole. Tant’è che la nomina avviene entro 60 giorni dalla richiesta del giudice tutelare. È quest’ultimo che stabilisce tutto ciò che è nel potere dell’amministratore, stabilendo di volta in volta un progetto di assistenza, ed eventualmente ritirando la nomina qualora si presentassero gravi motivi di inadempimento.
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