Il datore di lavoro può decidere di riconoscere ai lavoratori dei compensi in natura. Pur trattandosi di beni in natura, ciò non vuol dire che siano esentasse. Qual è la soglia oltre la quale si applica la normale tassazione? Come si calcola il valore dei compensi in natura? Quali i beni interessati?
Nel 2020 si è tornato a parlare di Fringe Benefits con maggiore convinzione, vuoi anche per le novità, temporanee, introdotte sulla tassazione, rivisitata a favore dei lavori, a causa dell’emergenza sanitaria. Tuttavia sono ancora tante le imprese che non fanno uso di questo strumento, molto interessante per i dipendenti e anche per l’imprenditore.
Facciamo chiarezza sull’argomento raccogliendo gli stimoli che ci arrivano dagli utenti di Know How.
Sono dei compensi in natura che il datore di lavoro riconosce ai propri dipendenti. Fino ad una certa soglia questi beni sono esenti da tassazione. Solitamente le categorie a cui appartengono i Fringe Benefits sono i seguenti:
Bisogna tenere conto che entro una certa soglia i beni in natura sono esenti da tassazione. Nello specifico la soglia è di 258,23 euro. Tutto ciò che eccede questa soglia viene tassato per intero.
Facendo attenzione a due aspetti:
Sì, è vero. Per far fronte alla pandemia, la soglia esentasse è stata innalzata fino a 516.46. Si tratta di un innalzamento del 100%.
Questo aspetto è molto importante, anche perché è fondamentale per capire quando si raggiunge la quota esentasse e di quanto la si supera. La determinazione del prezzo dei beni ricevuti è valutata secondo diverse modalità, a seconda della situazione oggettiva:
Se l’azienda ha concesso al lavoratore l’uso dell’auto aziendale in maniera promiscua, ovvero per uso personale oltre che lavorativo, allora l’auto concorre a formare il reddito di lavoro dipendente in modo forfetario. Il valore del bene si assume pari al 30% dell’importo corrispondente ad una percorrenza media annua di 15.000 km. Questo valore di riferimento, si calcola:
Tra i Fringe Benefits, abbiam detto, vi sono anche i prestiti che il datore di lavoro concede ai lavoratori in maniera diretta oppure per il tramite di società con cui ha stabilito degli accordi. Il valore di questi è pari al 50% della differenza tra l’importo degli interessi applicato al tasso ufficiale di riferimento per ciascun anno e l’importo degli interessi con il tasso applicato sugli stessi.
Premesso che qualora l’immobile sia dato in uso a più dipendenti, il valore è da dividere tra tutti gli utilizzatori, il valore dell’immobile è dato dalla differenza tra la rendita catastale (comprese le utenze non a carico dell’utilizzatore) e l’eventuale cifra corrisposta dal lavoratore, o i lavoratori, per l’utilizzo dello stesso.
Sì, è vero. Se il lavoratore ha l’obbligo di dimorare nell’alloggio messo a disposizione dall’azienda, allora il valore dell’immobile, calcolato come indicato nel quesito precedente, dev’essere ridotto del 30%.
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