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Fare impresa con un bookshop museale: perchè conviene

Fare impresa con un bookshop museale: perchè conviene

I musei, lo sappiamo, sono spazi dedicati alla conservazione e alla fruizione dei beni artistici e archeologici, o comunque dei beni che hanno un valore culturale tale da necessitare di una corretta conservazione.



Perlopiù si tratta di enti e strutture che godono di incentivi pubblici, che al massimo fanno affidamento sulle donazioni dei visitatori oppure sulla vendita dei biglietti e di altri servizi. Tuttavia, almeno nell’ultimo decennio si è affermato sempre più forte l’immagine del museo gestito al pari di un’azienda, quindi una struttura che deve innanzitutto offrire un servizio pubblico, certo, ma che punta anche a mantenere i conti in ordine, evitando il più possibile il rosso e, anzi, cercando perfino di ottenere degli utili.

Certo, gli accadimenti del 2020 e del 2021 non invogliano affatto a prendere in considerazione un’attività imprenditoriale da svolgere all’interno di un museo. Tuttavia è pur vero che bisogna avere fiducia nel fatto che i tempi dovranno necessariamente volgere al meglio e che nei prossimi mesi e anni i numeri saranno certamente positivi.

In questa nuova dinamica, un ruolo strategico e diverso, rispetto al passato, lo svolgono anche le attività commerciali che possono nascere all’interno del museo, come i bar ma soprattutto i bookshop.

Fino a 20 anni fa, i bookshop museali erano sempre una costola del museo. Rientravano cioè nella medesima gestione. Poi ci si è resi conto che una gestione privata di questi spazi poteva essere più efficiente, sia per il museo che per chi decide di mettere su un’attività di impresa come bookshop.

A prescindere dagli adempimenti che si potranno approfondire in un altro articolo, un aspetto interessante da valutare è l’insieme di numeri che ruotano attorno a questo comparto. Quanto vale il mercato nei bookshop museali in Italia? Quali sono le prospettive di crescita per il merchandising all’interno di un bookshop di un museo? Queste sono alcune domande a cui ogni lettore vorrebbe trovare una risposta, soprattutto nell’ottica di mettere in piedi un’attività di impresa. Purtroppo i fatti particolari degli ultimi due anni, ovvero una pandemia ancora in corso, non ci consentono di ragionare su dati a noi più vicini e ci dovremo accontentare di valutare le statistiche del triennio 2017, 2018 e 2019, in attesa che passata la pandemia si possa tornare a vivere gli spazi museali, compresi i bookshop, come prima e più di prima.

Il 2018 che si è chiuso con un numero di visitatori di poco superiore ai 55 milioni, per un fatturato lordo di poco inferiore ai 230 milioni di euro. Entrambi i valori segnano un incremento importante rispetto a quelli del 2017, nell’ordine di oltre 5 milioni per quanto riguarda i visitatori, e di circa 35 milioni di euro per il fatturato lordo.

Il trend si mostra positivo anche del 2019, sia durante il primo semestre che durante il secondo. Nel secondo semestre, con i mesi estivi e le vacanze, diciamo che la crescita è per certi aspetti attesa. Meno lo è nel primo semestre che invece dimostra anche lì una tendenza al rialzo rispetto ai valori del 2018. Per il 2020 e il 2021 ci si attendeva un biennio altrettanto in crescita ma dovremo fare a meno, anche nei prossimi anni, dei dati di questo particolarissimo biennio, sperando che sia anche l’ultimo.

Torniamo ai numeri degli anni buoni e analizziamo più dettagliatamente il valore del fatturato: quali sono le voci che determinano il bilancio di un museo? Rispondere a questa domanda è il primo passaggio per capire bene come gestire un bookshop museale ed ottenere il massimo dal merchandising. Semplificando, le linee di ricavo di un museo sono 3:

  1. Il biglietto di ingresso dei visitatori;
  2. La vendita di servizi aggiuntivi (guardaroba, guide, etc.);
  3. La vendita di gadget e merchandising nel bookshop.

Ovviamente è il terso aspetto quello che ci interessa maggiormente, in quanto le prime due voci, a meno di situazioni molto particolari, sono sempre a gestione diretta del museo. Nel terzo caso, invece, è bene precisare che i musei operano essenzialmente in due modalità: attraverso una gestione diretta del bookshop museale oppure affidando la gestione del bookshop ad un licenziatario dietro il pagamento di forfettario o di una provvigione sul venduto. La differenza è sostanziale, perché nel primo caso il fatturato è integralmente a beneficio del museo (ciò vuol dire che la terza linea di ricavo è completamente assorbita dai 230 milioni di cui sopra), nel secondo caso, invece, ai 230 milioni di cui sopra, bisognerebbe aggiungere il fatturato netto dei licenziatari al netto delle imposte e delle eventuali licenze o provvigioni. In sostanza vuol dire che il potenziale economico generato dai 55 milioni di visitatori è ben superiore ai 230 milioni dichiarati dai musei italiani.

Aumentare il fatturato migliorando l’offerta di merchandising

Il trend di crescita fatto registrare nel 2018 sul numero dei visitatori, confermato anche per il 2019, è ovvio che si traduce anche in aumento del fatturato: ogni visitatore del museo, ogni qualvolta che supera la soglia di uno dei bookshop dei tanti musei italiani, si trasforma, in quel preciso istante, in un cliente, al pari di qualsiasi altra attività commerciale privata. Tuttavia, il suo livello culturale, che con ragionevole certezza è superiore alla media, lo rende sicuramente un cliente attento a determinati particolari, a quei dettagli di cui in altre situazioni si potrebbe fare a meno oppure a cui pochi farebbero caso.

La presenza di un merchandising non banale è uno dei primi fattori. In questo senso vale la pena ricordare un aspetto che potremmo definire di marketing psicologico: chi visita un museo è una persona che abitualmente visita musei, perché non si spendono soldi in attività culturali in maniera casuale ma perché si tratta di un’esperienza che gratifica. Ciò vuol dire che quel visitatore è abituato a visitare e fruire dei servizi aggiuntivi offerti da un bookshop museale, quindi la presenza di u merchandising diverso, originale, più raro è sicuramente un valore aggiunto per la sua esperienza di acquisto.

La cura dello spazio per clienti soddisfatti

La cura dello spazio, nel senso di cui sopra, non è meno importante. Rivolgersi a persone che abbiano esperienza con gli allestimenti dei bookshop museali può fare enorme differenza sul fatturato. Soprattutto con un pubblico così attento, che guarda alla bellezza dei materiali, alla coerenza con il restante spazio espositivo, alla scelta di materiali naturali piuttosto che dannosi per la natura. Tutti aspetti che i gestori di bookshop museali dovrebbero prendere in considerazione seriamente. Del resto, non è un caso trovare su internet o tra i posto di un social come Instagram, i tag ai bookshop museali più belli, non è un caso ma è l’espressione di un attenzione verso il bello che i visitatori abituali di un museo hanno per loro natura di persone amanti del bello.

E credo, vorrei aggiungere, che ogni visitatore abbia fatto caso a come l’allestimento dei bookshop abbia sempre qualcosa di interessante, di innovativo

Non vi è dubbio che l’obbiettivo del bookshop museale debba essere quello di vendere. Tuttavia, ci sono molti modi per farlo, e la cosa più importante è individuare quello giusto per la propria clientela, perché solo questo garantisce un fatturato importante.

La gestione di un bookshop museale non è una cosa semplice, richiede cura, attenzione verso i dettagli e la capacità di sapere individuare un fornitore capace di cogliere immediatamente le peculiari esigenze che ogni bookshop si porta dietro.

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L'autore
  • alex-di-nunzio-1-2021-05-21_16-25-58-foto-profilo-know-how.jpg
    Consulente di Marketing  Reply

    Laureato in Discipline di Arti, Musica e Spettacolo all'Università di Bologna, ho fuso la mia formazione umanistica, con una crescita professionale orientata verso il digitale. Le competenze acquisiste con studio ed esperienza, mi hanno dato l'opportunità di lavorare in diversi ambiti che a vario titolo hanno a che fare con il digital marketing: ormai nei ritagli di tempo ma mi occupo ancora di programmazione; ho vissuto da protagonista la comunicazione, tanto nella trincea dell'ufficio stampa quanto nell'advertising più commerciale. Mi piace essere in prima linea nella parte più operativa delle campagne digitali, ed ho avuto incarichi da formatore a beneficio di piccole e grandi aziende. Tutto questo mi ha restituito una visione molto ampia di ciò che concerne questo rivoluzionario mondo che è la rete. Oggi sono COO per Know How, ho contribuito a svilupparne l'idea, e posso dire senza dubbio che si tratta della mia esperienza professionale più bella, ma anche la più complessa. Del resto si dice che dove non c'è fatica non sia reale godimento

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