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Etica e impresa: un binomio possibile?

Etica e impresa: un binomio possibile?

Perchè è importante l'adozione di un codice etico? Quali sono i principi a cui prestare attenzione in qualità di investitore? I nuovi consumatori stanno modificando profondamente le loro abitudini di acquisto e temi quali "etica" e "rispetto" giocano un ruolo strategico nel business di oggi.



Quando si parla di etica e impresa, che introduce anche al discorso sul codice etico di un’azienda e al bilancio sociale, non si può fare a meno di citare un personaggio assai in vista nel mondo finanziario e imprenditoriale quale è Warren Buffett.

Nonostante egli sia tra le persone più ricche del pianeta, l’accostamento del suo nome ai concetti di etica e bilancio sociale non è affatto azzardato. Anzi, è risaputo che un caposaldo della sua filosofia di vita e di imprenditore risiede nell’idea di non dare eccessivo peso al guadagno personale.

Certo, ai più potrebbe sembrare un discorso fin troppo semplice per una persona abituata comunque a possedere conti bancari piuttosto corposi. Eppure, nessuno obbliga Warren Buffett a reinvestire la quasi totalità dei suoi guadagni (parliamo del 99%) nella holding Berkshire Hathaway, di sua proprietà.

Non solo. L’aspetto ancora più interessante è l’insieme di regole che egli utilizza come linee guida per decidere le proprie operazioni finanziarie, regole che dimostrano e confermano una cultura finanziaria tutt’altro che ovvia.

Le regole cui accennavamo, e che ogni investitore potrebbe fare sue, perfino ampliandole, sono essenzialmente tre:

  1. Investire solo in aziende che hanno l’obbiettivo di una crescita a lungo termine;
  2. Investire solo in aziende che hanno a cuore gli interessi del consumatore;
  3. Investire solo in aziende di cui si è valutata l’onestà e le competenze dei vertici aziendali.

Il motivo di tali regole va cercato innanzitutto in questioni strettamente personali, di applicazione di un proprio codice etico alla propria attività di investitore, e poi perché la mancanza di questi presupposti, nel caso di una gestione aziendale rovinosa, andrebbe a compromettere tutto ciò che ruota attorno ad un’azienda: i lavoratori, i consumatori, investitori, azionisti, sottoscrittori e perfino lo stesso brand aziendale.

Da ciò si evince, come spesso in letteratura si è sottolineato, che la forza di un brand (o di un marchio, un’azienda) non risiede soltanto nella bontà del prodotto o dei servizi offerti alla propria clientela ma anche nella capacità di saper fare business nel rispetto di alcuni, pochi, basilari principi etici, che riguardano l’intera società.

Tale questione, se in passato poteva essere importante ma in fin dei conti poco considerata a livello aziendale, e ancor prima da parte dei consumatori, oggi è divenuta parte centrale nelle politiche di crescita di ogni impresa. L’insieme di valori che l’azienda trasmette e la loro verificabilità, sono questioni che il consumatore – una certa tipologia di consumatore – sente come preponderanti durante il processo di selezione di un prodotto, soprattutto se nuovo.

Il rispetto del lavoro e dei lavoratori, l’attenzione verso le persone, la sostenibilità, la cura dell’ambiente, la ricerca di materiali e processi non dannosi per l’ambiente, sono alcuni degli aspetti che oggi il consumatore valuta a monte dell’acquisto di un prodotto. Ed è così che l’osservanza di alcuni principi etici può perfino giustificare un prezzo più alto rispetto a quello che comunemente si pagherebbe per un medesimo prodotto ma di un’azienda meno attenta agli aspetti che ho elencato.

Oggi gli esempi si moltiplicano e non passa giorno che la cronaca ci racconti di episodi che non sarebbe esagerato definire rivoluzionari rispetto alle scelte d’acquisto dei consumatori. Eppure sappiamo che si tratta di innovazioni con una storia recente e che ancora molto lunga è la strada da percorrere. Basterebbe maggiore consapevolezza da parte dei consumatori rispetto al potere che detengono ogni qualvolta decidono per l’acquisto di un prodotto piuttosto che un altro per sovvertire del tutto, da un giorno all’altro, determinati processi di produzione e vendita, del tutto tossici per la natura e la società umana.

Al giorno d’oggi non è più giustificabile, in alcun modo, l’acquisto di prodotti o di servizi che si basano sullo sfruttamento degli individui e di qualsiasi altro essere vivente o sulla devastazione dell’ecosistema in cui viviamo.

Le dinamiche di acquisto stanno mutando, a favore di quelle aziende che mostrano e dimostrano di saper gestire in maniera efficace l’impatto sociale e ambientale dei loro prodotti. L’etica, quindi, sta diventando sempre più un vantaggio competitivo per le imprese che ne colgono l’importanza agli occhi dei nuovi consumatori.

 E se tale discorso può sembrare, e probabilmente lo è, relativo rispetto alle generazioni nate prima del 1980, è bene ricordare che i nuovi consumatori, quelli che oggi trovano identificazione in diciture quali Generazione Y, Millennials e così via, sempre più mettono al primo posto l’osservanza di principi etici da parte delle aziende da cui scelgono di acquistare. Ciò spiega, d’altro canto, le sempre più frequenti campagne di boicottaggio da parte dei clienti a danno di aziende che non mostrano attenzione verso i temi etici cui ho accennato. E nonostante i sondaggi che evidenziano come la percentuale di coloro che effettivamente adottano politiche di acquisto restrittive verso i beni di aziende prive di un codice etico sia nettamente inferiore a quella di coloro che aderiscono a tali campagne di boicottaggio, la via appare assolutamente tracciata e in futuro le imprese dovranno riservare maggiore attenzione alle voce di chi chiede un cambiamento reale, sempre se vorranno continuare a fare business.

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L'autore
  • alex-di-nunzio-1-2021-05-21_16-25-58-foto-profilo-know-how.jpg
    Consulente di Marketing  Reply

    Laureato in Discipline di Arti, Musica e Spettacolo all'Università di Bologna, ho fuso la mia formazione umanistica, con una crescita professionale orientata verso il digitale. Le competenze acquisiste con studio ed esperienza, mi hanno dato l'opportunità di lavorare in diversi ambiti che a vario titolo hanno a che fare con il digital marketing: ormai nei ritagli di tempo ma mi occupo ancora di programmazione; ho vissuto da protagonista la comunicazione, tanto nella trincea dell'ufficio stampa quanto nell'advertising più commerciale. Mi piace essere in prima linea nella parte più operativa delle campagne digitali, ed ho avuto incarichi da formatore a beneficio di piccole e grandi aziende. Tutto questo mi ha restituito una visione molto ampia di ciò che concerne questo rivoluzionario mondo che è la rete. Oggi sono COO per Know How, ho contribuito a svilupparne l'idea, e posso dire senza dubbio che si tratta della mia esperienza professionale più bella, ma anche la più complessa. Del resto si dice che dove non c'è fatica non sia reale godimento

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