Il DMA si applica ai cosiddetti “servizi di piattaforma di base” (esclusi i servizi relativi alle reti di comunicazione elettronica) forniti o offerti da gatekeeper a utenti commerciali e utenti finali stabiliti o situati nell’Unione Europea
I gatekeeper sono definiti come “i fornitori di servizi di piattaforma di base” (i cosiddetti “core platform services”) che, per essere soggetti al DMA, devono operare in almeno tre Stati membri dell’Unione Europea.
In particolare, tra i servizi di piattaforma di base figurano quelli di uso comune e quotidiano, quali:
Nel mondo virtuale, quindi, i gatekeeper sono tradizionalmente riconosciuti come gli “intermediari” tra chi accede ad Internet (gli utenti finali) e chi offre contenuti e servizi nella rete (operatori commerciali). In generale, i gatekeeper sono i soggetti che esercitano il controllo dell’informazione che, nella rete, passa attraverso una porta di accesso (o gate).
Tale controllo può esercitarsi in vari modi: nel rendere disponibile o meno una notizia (ad esempio, su una testata giornalistica online), nella cancellazione di una informazione (tramite la rimozione di un post ritenuto sconveniente), nelle attività esercitate da soggetti che forniscono l’accesso fisico alla rete (ISP), ma soprattutto, vista la complessità attuale del cyberspazio, nel consentire all’utente di rintracciare un’informazione o un servizio che altrimenti non sarebbe raggiungibile. Proprio grazie a questa posizione di controllo, i gatekeeper – nonché le big tech che li gestiscono – acquisiscono un potere di mercato sempre più importante.
Tuttavia, il fatto che un servizio digitale si configuri come servizio di piattaforma di base non implica necessariamente che il suo fornitore sia un gatekeeper. In particolare, si classificano come gatekeeper i soli fornitori di piattaforme di base che:
Infine, per garantire che le norme previste nel regolamento siano proporzionate, le PMI sono esonerate, salvo casi eccezionali, dalla qualifica di gatekeeper.
Ma chi qualifica il fornitore come gatekeeper? È la Commissione Europea stessa a designare il fornitore come gatekeeper soggetto, pertanto, agli obblighi di cui al DMA ogniqualvolta che il fornitore di una piattaforma di base raggiunge le soglie sopra menzionate. La qualifica da parte della Commissione Europea può avvenire sia su notifica volontaria del fornitore, sia in autonomia da parte della Commissione stessa. La mancata notifica da parte di un fornitore di servizi di piattaforma di base, infatti, non impedisce alla Commissione Europea di designare in qualsiasi momento tali fornitori come gatekeeper in base ad informazioni di cui la stessa Commissione Europea sia venuta a conoscenza.
Infatti, la qualifica di gatekeeper può essere attribuita dalla Commissione Europea sulla base di indicatori quantitativi appropriati che fungano da presunzioni inconfutabili, oppure alla luce di una valutazione qualitativa effettuata caso per caso e supportata da un’adeguata indagine di mercato. In particolare, nel valutare la natura di gatekeeper di un fornitore di servizi di piattaforma di base, la Commissione Europea tiene conto – tra gli altri fattori – delle dimensioni, compresi fatturato e capitalizzazione di mercato, delle attività e della posizione del fornitore, nonché del numero di utenti commerciali che dipendono dal servizio di piattaforma di base e il numero di utenti finali raggiunti dalla piattaforma stessa.
In particolare, il DMA obbliga i gatekeeper a notificare la propria posizione, insieme alle soglie superate, alla Commissione Europea entro 2 mesi dall’inizio della sua applicabilità. La Commissione Europea, invece, avrà a disposizione 45 giorni lavorativi per adottare una decisione in merito all’opportunità di designare il fornitore di una piattaforma di base come gatekeeper.
Tuttavia, se un fornitore designato dalla Commissione Europea riesce a dimostrare di non possedere le caratteristiche per essere qualificato gatekeeper (e, quindi, di non essere soggetto al DMA), questo può contestare tale designazione mediante una procedura specifica direttamente indirizzata alla Commissione Europea che valuterà – nel termine di 5 mesi della richiesta – le argomentazioni del fornitore adottando una decisione definitiva in merito.
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