Siamo in prossimità della nuova dichiarazione dei redditi, e una novità in particolare sembra destinata a generare un certo malumore su milioni di contribuenti coinvolti dalla presentazione del 730.
La novità in questione è quella in merito all’obbligo di tracciabilità sul pagamento di alcune prestazioni. Quanto c’è di vero su questo argomento? E cosa dobbiamo aspettarci?
La novità più importante è senza dubbio l’obbligo di utilizzare metodi di pagamento tracciabili per poter portare in detrazione le spese sostenute. In caso di pagamento in contanti, infatti, non sarà possibile richiedere la detrazione della spesa sostenuta in fase di dichiarazione dei redditi.
Sono tante, e sono tutte quelle che danno diritto alla detrazione del 19%. Ad esempio la spesa per la palestra, gli asili nido, le donazioni, le spese per colf e badanti. Le rette scolastiche o universitarie, le assicurazioni sulla vita, il pagamento delle piscine e così via.
Carte di debito, prepagate e di credito, bonifici bancari e assegni.
Vale su tutte le spese a eccezione di quelle sanitarie, che si possono continuare a pagare anche in contati.
Sono le spese per i medicinali, le spese per i dispositivi medici e le spese per le prestazioni sanitari, sia presso le strutture pubbliche che presso quelle convenzionate.
Sì, al pari di tanti altri dispositivi medici.
Su questo aspetto particolare, ma di enorme importanza, è intervenuta l’Agenzia delle Entrate che ha chiarito come le prestazioni fruite da un soggetto siano comunque a lui riconducibili sulla base dell’intestazione del documento fiscale anche qualora il pagamento sia avvenuto con la carta di altro soggetto. È il caso dei coniugi che si scambiano la carta per pagare prestazioni per l’altro.
A partire dalla dichiarazione del 2021 a valere sulle spese del 2020.
No, per il momento non è prevista alcuna deroga, anche perché la questione era stata inserita nella legge di bilancio del 2019 e quindi sarebbe necessario un intervento del governo. Tuttavia, è vero che la Consulta Nazionale CAF ha inviato una lettera al Ministero dell’Economia e delle Finanze per chiedere appunto una sospensione per l’anno in corso, ma la questione resta tutt’ora aperta e al momento non vi sono deroghe di alcun genere.
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