È noto che gli interessi passivi per un mutuo accesso per l’acquisto o la ristrutturazione di un appartamento siano detraibili in sede di dichiarazione dei redditi. Ma come si calcola l’ammontare detraibile? Cosa succede nel caso di accollo? In quali casi si perde il diritto alla detrazione?
Partiamo da un punto fermo: la detrazione avviene in base a quella che i tecnici definiscono “principio di cassa”. Detto in parole più comprensibili, si possono detrarre gli interessi pagati nel periodi d’imposta di riferimento, anche se questi si riferiscono a rate di anni precedenti. La situazione classica è quella di rate, poniamo del 2020, che sono state messe in stand-by a causa del covid e che sono poi state pagate nel 2021. Benchè gli interessi si riferiscono a rate del 2020, comunque potranno essere detratte con la dichiarazione del 2022, visto che il pagamento è avvenuto nel 2021.
Ciò vale anche per la detrazione delle spese notarili. Se, esempio, il rogito è stato eseguito nel mese di dicembre, quindi a ridosso della fine dell’anno, ma il compenso del notaio è pagato nel mese di febbraio dell’anno successivo, la detrazione avverrà con la successiva dichiarazione dei redditi.
Tale principio di cassa viene rispettato anche nel caso di somme versate al notaio per spese in nome e per conto, e che prevedono l’emissione di fattura entro 60 giorni ma in un anno successivo a quello del deposito.
Ma qual è l’ammontare della cifra detraibile? È bene ricordare che il massimo detraibile è pari a 4000 euro.
Tale limite viene rispettato sia se per l’acquisto del medesimo immobile sono stati contratti più di un mutuo e sia se viene contratto un secondo mutuo per l’acquisto di un secondo immobile da accorpare catastalmente a quello precedente.
L’unico elemento che incide sul massimale detraibile è la data di stipula del mutuo. Infatti, tale aspetto determina se il massimale di 4000 euro sia da considerarsi pro capite oppure suddiviso tra gli intestatari. Se il mutuo è stato contratto prima del 1993 allora la cifra si considera pro capite, mentre per i mutui contratti dopo il 1993 la cifra è da considerarsi suddivisa tra i coniugi cointestatari del mutuo.
Può accadere che il mutuo sia stato agevolato tramite contributi statali. In questo caso, la detrazione degli interessi spetta esclusivamente per la parte che resta realmente a carico del contribuente. La detrazione per l’anno corrente spetta anche in merito ad eventuali interessi maturati su contributi che nel frattempo, nel medesimo anno di imposta, sono stati restituiti dal contribuente all’Ente erogatore.
Nel momento in cui si va a compilare la dichiarazione dei redditi, tali voci di interessi passivi su contributi ricevuti e restituiti, vanno inseriti nella sezione “altri oneri per i quali spetta la detrazione d’imposta del 19%”.
Questa è una situazione tutt’altro che rara, ovvero la richiesta di un mutuo per un importo superiore a quello indicato nel rogito e utile per l’acquisto dell’immobile. In questo caso, vale precisare che la detrazione è da calcolare soltanto sulla parte utile all’acquisto e vanno quindi tolti gli interessi che scaturiscono dalla parte che non riguarda l’acquisto dell’immobile.
Questo è un aspetto poco considerato ma invece è importante ricordare che qualora l’immobile non sia più abitazione principale allora si perde anche il diritto alla detrazione. Questo è vero benchè siano previste due eccezioni:
Nel caso del punto 1, non è possibile stabilire una nuova dimora per esigenze lavorative ma nel medesimo comune dell’abitazione principale.
A queste due eccezioni se ne aggiunge una terza, considerata straordinaria:
Anche se momentaneamente l’immobile non dovesse essere abitazione principale e non si è in presenza delle tre eccezioni di cui sopra, nel momento in cui torna a diventare abitazione principale allora si riacquista anche il diritto alla detrazione.
Qualora si verifichi il caso di accollo del mutuo, questo deve avvenire sempre nel pieno rispetto di tutte le norme qui indicate, affinchè si possa usufruire della detrazione sugli interessi passivi. Ciò vale anche nei casi di morte di un coniuge o nel caso di subentro di eventuali eredi in seguito alla morte dell’intestatario originale, oppure in caso di sentenza di divorzio o di separazione.
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