Storia di Startup oggi fa tappa da Borsino Rifiuti, brand di proprietà della Taebioenergy. Abbiamo intervistato il CEO Gian Luca Vorraro per farci raccontare come è nata quest'idea di portare innovazione in un settore tendenzialmente tradizionalista come quello dei rifiuti urbani.
Le startup sono delle realtà imprenditoriali in continuo fermento, luoghi del fare impresa dove parole come innovazione, sperimentazione e ricerca rappresentano un modus operandi piuttosto che semplici etichette. Ed è su questa base che abbiamo dato vita a Storie di Startup, una linea editoriale che offre un’occasione di confronto tra diverse esperienze, convinti che ciascuna di esse sia una risorsa fondamentale per chi è disposto ad ascoltare e a mettersi in gioco.
La storia di oggi è quella di Borsino Rifiuti, marchio registrato di proprietà della startup Taebioenergy di Paderno Dugnano, una piccola cittadina (poco meno di 50.000 abitanti) in una posizione strategica a nord di Milano, quest’ultima considerata capitale dell’innovazione tecnologica in Italia, dove hanno sede alcune delle principali società tecnologiche nazionali.
Borsino Rifiuti è un po’ la storia emblematica di tante startup, che ci racconta di un lungo percorso, fatto di ostacoli – tanti – ma perseguito con altrettanta determinazione. Dall’intervista, che ho avuto il piacere di condurre insieme al Founder/Ceo Gian Luca Vorraro, ho capito che anche in quest’occasione, ciò che ha contributo a fare la differenza sono due aspetti: la determinazione e le competenze.
- Ciao Gian Luca, grazie per averci concesso questa intervista. Sul sito di Borsino Rifiuti si legge che si tratta di una piattaforma di intermediazione rifiuti, che alle spalle ha una società regolarmente iscritta all’Albo dei Gestori Ambientali. Ok, ma io provengo da tutt’altro settore, Gian Luca la prima domanda è di rito: facciamo capire ai lettori che cos’è Borsino Rifiuti, di cosa vi occupate e a chi vi rivolgete.
Grazie della domanda, Borsino Rifiuti per noi è lo strumento che manca per coinvolgere da protagonista chiunque produca scarti. Oggi quando si parla di rifiuti si parla di qualcosa di poco chiaro, il colore che attribuiamo agli scarti è sempre o grigio o nero. Ecco il nostro lavoro è associare alla parola scarti il colore verde o bianco. Verde per speranza di poter un giorno ricavare dai rifiuti una filiera che possa permetterci di non utilizzare le fonti fossili, bianco perché vogliamo sempre più creare un sistema trasparente, immediato, chiaro a tutti e soprattutto che crei vantaggi competitivi a tutta la società e non solo ad una piccola minoranza.
- Mi hai raccontato di come Borsino Rifiuti sia nato dalle ceneri di un precedente progetto. Raccontaci di questo passaggio.
Certo, abbiamo sempre avuto uno spirito innovatore, la nostra è una storia travagliata fatta prima di ricerca e sviluppo che si è poi trasformata in un ottimo successo imprenditoriale. Abbiamo realizzato come pionieri centrali elettriche alimentate ad olio vegetale. Come pionieri abbiamo trasformato quella che era un’opportunità – liberalizzazione dell’energia da biomasse – in un successo imprenditoriale. Siamo purtroppo in Italia e le leggi che incentivano un settore sono sempre effimere, non appena gli incentivi vengono a mancare abbiamo chiuso un capitolo e riaperto un altro non alimentato da incentivi. Partendo da una necessità di smaltimento siamo arrivati a comprendere quanto il mondo della gestione degli scarti sia vuoto di innovazione, quasi arcaico rispetto all’avanzamento tecnologico di tutti gli altri settori. Abbiamo voluto prendere un foglio bianco e scrivere cosa manca nel settore in cui ci dovevamo inserire. Siamo partiti con l’ipotizzare e siamo arrivati con il fare. Da quel giorno non abbiamo mai smesso di scrivere su quel foglio. Il giorno che finiremo di scriverlo Borsino Rifiuti potrà solo guardarsi indietro e cercare di non fallire. Finché guarderà avanti potrà solo innovare.
- Dal racconto della tua esperienza, mi pare di capire che la sfida più grande sia stata innanzitutto sganciarsi dall’idea originale per sperimentare una nuova strada, ovvero quella che poi ha portato a Borsino Rifiuti. Ecco, questo mi sembra uno degli aspetti centrali in ogni storia di successo. Quale consiglio per chi non è ancora riuscito a fare questo salto?
Un innovatore sa che quello che sta pensando oggi domani può già essere obsoleto. Il mondo viaggia ad una velocità cento volte maggiore di come viaggiava dieci anni fa. Mettere sempre in discussione le cose che non vanno e cercare di distruggere e rimodellare le cose che vanno troppo bene. Non esiste la formula magica dettata dall’esperienza. L’esperienza non è altro il sapere cosa non si deve fare su un errore superato in precedenza. Gli stimoli ai quali siamo chiamati oggi come imprenditori sono tutti nuovi, li troviamo dappertutto ed in ogni attività. Posso consigliare a tutti di non aver mai paura di sbagliare e di fallire. Mio padre, buon anima mi ha sempre detto, se ci credi vai fino in fondo a vedere cosa puoi trovare, ma ci devi veramente credere e non fermarti finché non superi i tuoi limiti.
- Mi hai parlato di Fabio Ragnatela, il tuo socio e mi ha colpito sentirti sottolineare che il maggior pregio nella vostra dinamica sono state le differenze. Questo mi ha riportato alla mente l’importanza del team giusto. Quanto lo è stato anche per Borsino Rifiuti?
Fabio non è per me un socio, ma un fratello di vita. Su una barca se ci sono due timonieri non si va da nessuna parte. Una barca può navigare solo se ognuno è consapevole del ruolo che ha. Senza Fabio, Borsino Rifiuti non sarebbe oggi quella startup di successo di cui leggiamo. Oggi il Team è molto importante. In Italia è superata l’epoca dell’uomo solo al comando, il grande mito dell’imprenditore safe made. Oggi esistono i leader e i gruppi di lavoro. I leader sanno che se va male qualcosa è solo colpa loro e se le cose vanno bene è merito del gruppo di lavoro. Il team va motivato, supportato, consigliato ma mai utilizzato per un fine personale ma solo per il bene comune della società che deve perseguire una mission chiara.
- Un aspetto a cui le startup dedicano tanta riflessione è la definizione del modello di business, e non è raro che le startup facciano difficoltà a capire come guadagnare. La storia di Borsino Rifiuti mi pare quasi anomala, nel senso che il modello di business si è costruito quasi da solo. Tuttavia, quanto è stato importante l’apporto di finanziatori e come vi siete mossi per trovarne?
Senza i nostri soci non saremo oggi a poter cogliere le opportunità che il modello di business ha trovato. I soci e i nuovi soci che stanno entrando nel nuovo aumento di capitali su www.backtowork24.com sanno che c’è oggi la possibilità di diventare una scale up di successo. Il modello di oggi si è definito in quattro anni. Quando nel mondo non esiste un’analoga idea di poter disintermediare gli scarti con uno strumento digital immediato, sei l’unico pioniere che passa dal “forse ce la farò” al “dobbiamo farcela” fino ad arrivare ad “è obbligatorio farcela”. Quando poi si è riusciti a perfezionare il modello e a renderlo scalabile inizia la vera impresa imprenditoriale. Incominciano ad apprezzare oggi il nostro modello sempre piè Enti e banche, che lo distribuiscono a loro volta ai loro clienti. Ecco, qui è il momento di rimboccarsi come diciamo noi “pelle e muscoli”.
- Una startup è una macchina in continua evoluzione: fermarsi, spesso, equivale ad uscire fuori dal mercato ecco perché voglio chiudere con la più classica delle domande: progetti per il futuro?
Il progetto per il futuro è quello di non fermarsi mai e nel nostro campo è quello di diventare la prima multiservizi online, stiamo già stringendo accordi con aziende di distribuzione energia elettrica e gas che operano già nell’online per creare ed avviare su tutto il territorio italiano la piattaforma di disintermediazione totalmente online con presenza sul territorio che può competere con le grandi multiutility italiane quali A2A, Hera, Ama, Iren. Nel nostro futuro più immediato c’è anche un lavoro per l’internazionalizzazione nei paesi europei e nord americani di Borsino Rifiuti.
Nell'immagine, il CEO e Founder di Borsino Rifiuti Gian Luca Vorraro.
Ringraziamo Gian Luca per la piacevole intervista e auguriamo a Borsino Rifiuti e tutto il suo team, il migliore successo desiderabile.
Borsino Rifiuti è stata un’esperienza di confronto molto interessante, perché molto diversa dalle tante altre storie che ho sentito raccontare. Forte ambizione e idee chiare sull’obbiettivo, nonostante le difficoltà iniziali, mi pare che abbiano fatto (e stiano ancora facendo) la differenza. C’è un messaggio che emerge da questa storia e che più di tutti mi preme sottolineare, ovvero quello sul cambiamento. Il seme di Borsino Rifiuti è nelle centrali elettriche alimentate ad olio vegetale, qualcosa di completamente diverso da ciò che è diventato.
Ogni imprenditore inizia un percorso di impresa facendo leva su una qualche propria idea, che ritiene così buona da valere il rischio d’impresa. Tuttavia, questo non rappresenta una certezza di successo o, per dirla in altri termini, una certezza che il mercato sia veramente interessato a pagare per quella stessa idea, decretandone così il fallimento. Può sembrare assurdo ma la stragrande maggioranza delle aziende che non riescono a farcela devono il fallimento del loro progetto alla difficoltà di riuscire a sganciarsi dall’idea iniziale.
Il motivo? A volte può dipendere da una difficoltà nel saper leggere il mercato ma non trascurare l’aspetto emotivo di chi non vuole rinunciare alla paternità del progetto iniziale.
Eppure, se si guarda alle grandi storie di successo, mi riferisco alle grandi aziende del digitale, è facile rendersi conto come ognuna di queste sia impegnata oggi su qualcosa che non ha nulla a che fare con ciò da cui erano partite: Instagram nacque come servizio di check-in per i voli aerei, Watshapp era una banale applicazione per aggiungere uno status al proprio nome della rubrica telefonica, PayPal è nato come un servizio di software per la sicurezza dei dispositivi portatili e Facebook era un passatempo per mettere a confronto le studentesse più belle della Harvard University.
Insomma, stiamo parlando di un grande mito della narrativa leggendaria occidentale, ovvero la storia della Fenice, che rinasce dalle proprie ceneri e quindi diventa simbolo della resurrezione dalla morte.
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