Non tutti gli amministratori di condominio sono solerti nella convocazione dell’annuale assemblea per l’approvazione del cosiddetto “rendiconto” della gestione.
Ed a volte sono gli stessi condomini a disertare l’assemblea facendo venir meno i numeri minimi per votare (i cosiddetti quorum). Ebbene, ci si sarà chiesti in tali occasioni: cosa succede se non si approva il bilancio consuntivo con il relativo rendiconto? Può l’amministratore, in virtù solo del bilancio preventivo o, in assenza anche di quest’ultimo, e pertanto senza alcuna documentazione a giustificare il proprio operato, richiedere il pagamento delle cosiddette “bollette” mensili, ossia le quote dovute dai condomini per le spese condominiali?
La questione è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza. Non poche volte infatti la mancata approvazione del piano di riparto è stata la scusa per sottrarsi agli obblighi di contribuzione e, dinanzi al decreto ingiuntivo notificato dall’avvocato del condominio, presentare opposizione. Ma che sorte avrebbe un giudizio del genere? Potrebbe essere un valido appiglio per non pagare le quote millesimali? Vediamo.
Sul punto è stata di recente emessa un’interessante sentenza dal tribunale di Ivrea [1]. Secondo i giudici piemontesi, per la riscossione dei contributi condominiali, l’amministratore può chiedere l’emissione del decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo nei confronti del condomino moroso in forza del bilancio preventivo – approvato dall’assemblea – soltanto fino a quando l’esercizio cui tali spese si riferiscono non sia terminato. Scaduto questo, l’amministratore deve necessariamente agire in base al rendiconto della gestione annuale. Ragion per cui, se il bilancio consuntivo non è stato ancora approvato non è dovuta alcuna somma al condominio.
Quindi, in buona sostanza, il decreto ingiuntivo può essere emesso sulla base del bilancio preventivo solo sino a fine esercizio. Dopodiché, se non viene approvato il bilancio, il condominio resterà “a secco” di entrate e si profileranno grossi problemi che vedremo a breve.
Abbiamo detto che, terminato l’esercizio, in assenza di approvazione del bilancio consuntivo, l’amministratore non potrebbe – stando a quanto asserito dal tribunale di Ivrea – recuperare le quote. I primi problemi si profileranno a questo punto nei confronti dei fornitori del condominio. Non avendo infatti l’amministratore la liquidità, in cassa, necessaria per pagare le bollette e le fatture, verranno interrotti i servizi: dalla luce al riscaldamento, dall’acqua alla pulizia delle scale e, per finire, alla manutenzione dell’ascensore. Oltre ai disagi che tutto ciò implica, ci sarà anche il rischio di un pignoramento in capo ai singoli condomini. La legge stabilisce infatti che il creditore del condominio può sì “bloccare” il conto corrente condominiale come prima mossa per recuperare i soldi che avanza. Ma se non vi trova nulla (come è normale che sia quando non si possono riscuotere le bollette), può agire nei confronti dei beni dei singoli condomini (finanche pignorare il loro appartamento), nei limiti dei rispettivi millesimi.
Ad esempio, un condomino con 200 millesimi è responsabile solo di un quinto del complessivo debito. E, in tale azione di recupero, il creditore dovrà prima agire contro i morosi, i condomini cioè non in regola con i pagamenti (i cui nominativi devono essergli forniti dall’amministratore stesso) e, in secondo luogo, contro tutti gli altri.
In realtà, il principio formulato dal tribunale di Ivrea è originale ma non condiviso da tutti i tribunali.
Anche la Cassazione [2] ha tuttavia chiarito che il bilancio preventivo legittima la richiesta monitoria del condominio, ai sensi dell’articolo 63 Disposizioni attuative del Codice civile, fino a quando l’esercizio cui tali spese si riferiscono non sia cessato. Qualora, invece sia terminato, l’amministratore dovrà azionare il decreto ingiuntivo sulla base del rendiconto finale.
Sebbene sia indiscusso il potere dell’amministratore di chiedere ed ottenere l’emissione in favore del condominio di un decreto monitorio immediatamente esecutivo sulla scorta del bilancio preventivo, è altrettanto vero che tale prerogativa cessa e si esaurisce con la chiusura dell’esercizio poiché, secondo il combinato disposto degli articoli 1130, n. 10, e 1130 bis Codice civile, l’amministratore è obbligato a predisporre il rendiconto annuale per consentire ai condòmini di valutare la gestione patrimoniale.
In assenza della approvazione del rendiconto – nel caso di specie mai avvenuta – non è possibile chiedere il pagamento.
Secondo un altro orientamento [3], invece, la mancata approvazione del rendiconto, pur consentendo di ottenere il decreto ingiuntivo contro i morosi, fa sì che essi non possano essere «provvisoriamente esecutivi», ragion per cui il debitore avrà 40 giorni di tempo per pagare dalla notifica della condanna del giudice, entro i quali il condominio deve astenersi da qualsiasi tipo di azione (la caratteristica del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo è che, invece, il pagamento è dovuto immediatamente, a pena di pignoramento.
A confermare questa interpretazione è l’ineludibile constatazione secondo cui lo stato di riparto delle spese, redatto dall’amministratore, non ha valore costitutivo ma soltanto dichiarativo del relativo credito del condominio in rapporto alla quota di contribuzione dovuta dal singolo partecipante alla comunione.
Dunque, non perché non ci sia mai stata un’assemblea di approvazione del bilancio è possibile esimersi dal pagare le quote condominiali.
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