L’accordo, o patto, di riservatezza, che a livello globale è meglio noto come non disclosure agreement o NDA (accordo di non divulgazione), è un contratto che viene stipulato tra due parti per tutelare una di queste dalla divulgazione di informazioni ritenute importanti.
Solitamente viene stipulato tra l’impresa e i suoi dipendenti, in particolare quelli che occupano un ruolo strategico ai fini delle informazioni possedute, quindi non necessariamente un manager. Benchè questo sia il caso più comune, non è escluso che un patto di riservatezza sia stipulato anche tra privati: basta pensare a quanti personaggi famosi ne richiedono la stipula perfino al coniuge con cui convogliano a nozze. Insomma, i casi sono molteplici anche se sul blog di Know How ci interessa maggiormente il taglio aziendale.
Il motivo per cui si arriva alla firma di un patto di riservatezza solitamente va ricercato nelle informazioni che il datore di lavoro desidera che non vengano divulgate. Questo ha particolare importanza quando si ha a che fare con prodotti o servizi di recente sviluppo, al fine di tutelare la fuga di informazioni verso eventuali competitor, ma anche per assicurarsi che determinate informazioni, eventualmente lesive per l’immagine dell’azienda, non diventino di dominio pubblico e quindi non arrivino alle orecchie dei consumatori.
Solitamente l’NDA viene redatto e firmato prima di un eventuale accordo di lavoro, anche a prescindere se il contratto di assunzione vada a buon fine oppure no. Questo avviene perché anche in fase di colloquio si è costretti a rendere partecipe il candidato di informazioni ritenute sensibili per l’azienda.
È chiaro che l’azienda spinge sempre a un accordo unilaterale, ma è bene considerare che l’accordo può essere a doppio senso. Anche chi viene assunto o chi è già dipendente può avere interesse che venga firmato un accordo tale per cui è l’imprenditore che si impegna a non divulgare certe informazioni al verificarsi di determinate circostanze.
Il concetto di bilateralità è declinato anche in un altro senso, più ampio ma ancora più importante. Un accordo di riservatezza solitamente presuppone, definito l’obbiettivo dello stesso, delle penali qualora l’accordo non sia rispettato. Non è raro che il contratto sia stipulato in maniera piuttosto generica, senza che vi sia una definizione certa di come dovrà essere compensato il mancato rispetto dell’accordo.
Questa è una domanda che molto spesso riceviamo sui canali redazionali di Know How, per questo desideriamo fare chiarezza.
Un accordo eccessivamente generico, espone a grandi rischi sia chi vuole salvaguardare le proprie informazioni sia chi il patto, in un certo senso, lo subisce. Il datore di lavoro, ad esempio, di fronte al mancato rispetto e con un accordo troppo generico, sarà esposto a numerose interpretazioni in sede giudiziaria qualora le penali non siano specificate in maniera inequivocabile. Ma anche il dipendente, se non si preoccupa di richiedere che le penali siano specificate in maniera chiara fin dall’inizio, potrebbe essere soggetto alla richiesta di qualsiasi risarcimento.
Per questo motivo è importante che su questo punto vi sia estrema chiarezza.
La medesima chiarezza è bene adottarla anche in merito a quali sono le azioni che generano una cattiva condotta. Troppo spesso ci è capitato di visionare accordi di riservatezza che si limitavano ad una dicitura standard del tipo “prevenire la divulgazione di informazioni riservate in merito alle attività commerciali e produttive, e la divulgazione di informazioni tecniche”. Quando si legge un accordo di questo genere è lecito chiedersi: quali sono queste informazioni tecniche? L’accordo fa riferimento a tutto oppure ad un preciso prodotto o servizio?
Le medesime domande dovrebbe porsele chi firma il patto, perché un giorno si potrebbe trovare con un problema legale non indifferente.
Altro aspetto da considerare, utile per entrambe le parti, è quello sul modo in cui avviene la divulgazione. Non è detto che la divulgazione sia sempre intenzionale, quindi è bene chiarire come gestire una situazione del tutto inaspettata. Se dimentichi la tua chiavetta USB al tavolo di un ristorante dove solitamente pranza il responsabile del tuo medesimo reparto ma dell’azienda con cui siete in competizione, stai venendo meno al patto oppure no?
Per rispondere a questa domanda, è importante che il patto chiarisca cosa è intenzionale e cosa non lo è.
Certamente è difficile e per alcune aziende anche prematuro, definire un patto di riservatezza che sia definito in ogni minimo particolare. In tutti i casi di controversia si farà riferimento al foro competente, che di solito viene indicato in calce all’accordo, così da chiarire a entrambi quale sarà la legge a cui si farà riferimento in caso di patto transnazionale, o comunque quale sarà il tribunale di riferimento in caso di accordo su base nazionale.
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